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GLI EROI CHE SALVARONO IL CRISTIANESIMO E LA CIVILTA' OCCIDENTALE

Ultimo Aggiornamento: 03/12/2008 15:28
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LA BATTAGLIA DI VIENNA E RE JAN III SOBIESKI
La battaglia di Vienna di Józef Brandt
Data: 12 settembre 1683
Luogo: a Kahlenberg presso Vienna, Austria
Esito: Vittoria strategicamente decisiva della coalizione cristiana

Schieramenti
Lega Santa (guerre austro-turche) Impero Ottomano
Comandanti
Jan III Sobieski Gran Visir Kara Mustafa
Effettivi
80.000 - 140.000
Perdite
4.000 morti 15.000 morti
La battaglia di Vienna (polacco: Bitwa pod Wiedniem, tedesco: Schlacht am Kahlenberg, ucraino: Віденська відсіч (Viděns'ka Vidsič), turco: İkinci Viyana Kuşatması) ebbe luogo l'11 e il 12 settembre 1683 ponendo fine all'assedio che l'esercito turco aveva messo per due mesi alla città di Vienna.

Questa battaglia campale fu combattuta dall'esercito polacco-austro-tedesco comandato dal re polacco Jan III Sobieski contro l'esercito dell'Impero ottomano comandato dal Gran Visir Merzifonlu Kara Mustafa Pasha, e fu l'evento decisivo delle guerre austro-turche, conclusesi definitivamente con la firma del Trattato di Karlowitz.

L'assedio di Vienna fu posto a partire dal 14 luglio 1683 dall'esercito dell'Impero Ottomano, composto da circa 140.000 uomini. La battaglia decisiva cominciò l'11 settembre, quando cioè si concluse il raggruppamento dei rinforzi dalla Polonia, comandati ovviamente da Sobieski stesso, dalla Germania e dal resto dell'Austria, oltre alle forze presenti nella città.

L'imperatore Leopoldo I si era rifugiato a Passau, da cui dirigeva l'attività diplomatica (supportato dalla diplomazia del papa Innocenzo XI) indispensabile per tenere unito un esercito così variegato in un momento tanto drammatico; di conseguenza i capi militari della città non esitarono a conferire a Sobieski il comando dell'esercito così composto

30.000 polacchi;
18.500 austriaci, al comando di Carlo V duca di Lorena;
19.000 franconi, svevi e bavaresi, al comando di Giorgio Federico di Waldeck;
9.000 sassoni, al comando di Giovanni Giorgio III di Sassonia.
In tutto quindi le forze europee contavano su 75/80.000 uomini, contro 140.000 ottomani. Va però detto che da un lato le forze cristiane conoscevano malissimo il territorio essendo appena arrivate, mentre i soldati all'interno della città erano alquanto mal ridotti a causa dei due mesi d'assedio. Questo fatto è tuttavia compensato dalla scarsissima preparazione militare di 2/3 buoni dell'esercito ottomano. In pratica la battaglia fu uno scontro fra i polacchi e la parte militarmente più capace dell'esercito del Gran Vizir.

Il grosso dell'esercito ottomano investì Vienna ed i suoi difensori il 14 luglio. Il conte Ernst Rüdiger von Starhemberg, capo delle truppe superstiti (circa 20.000 uomini) rifiutò di arrendersi e si chiuse dentro le mura della città.

I difensori avevano abbattuto le case che circondavano la città, in modo da non lasciare alcun riparo per chiunque si avvicinasse alle mura. Kara Mustafa Pasha risolse il problema facendo scavare delle profonde trincee che dal campo ottomano menavano alle mura, limitando così di molto il numero di batterie viennesi in grado di colpire i soldati che si avvicinavano.

Dato che le mura della città erano molto solide ed i cannoni ottomani piuttosto vetusti ed inefficaci, gli assedianti pensarono bene di minare le mura (come fecero già a Candia contro i veneziani) anziché distruggerle a cannonate. Le trincee furono così prolungate fin sotto le mura dove vennero poste le cariche esplosive. Anche questa tecnica però non parve sortire gli effetti sperati e soprattutto non fiaccò il morale degli assediati.

Gli ottomani avevano quindi due alternative: attaccare frontalmente, con successo pressoché certo vista la loro enorme superiorità numerica; oppure continuare l'assedio lasciando a fame e malattie il compito di indebolire i difensori. Così decisero di fare.

La ragione che spinse il Gran Vizir a optare per l'assedio furono non tanto le enormi perdite che avrebbe comunque subito il suo esercito, quanto le ricchezze contenute nella città, che sarebbero state di molto rovinate da una battaglia che si annunciava furibonda. Kara Mustafa non aveva però messo in conto che Leopoldo I a Passau aveva ormai concluso l'accordo con i suoi alleati, tra cui spiccava Sobieski e la sua potentissima cavalleria, che si preparava infatti a marciare verso Vienna. Va infatti ricordato che Kara Mustafa era tranquillo in quanto la maggior potenza continentale dell'epoca, cioè la Francia, era rimasta neutrale, e si guardava bene dall'intervenire sperando in un ulteriore indebolimento dell'Austria.

L'assedio fu ovviamente durissimo, con malattie, fame e morte all'ordine del giorno. Ormai il destino della città era segnato, e i turchi aspettavano solo di mettervi le mani sopra, quando finalmente giunse nei pressi di Vienna Carlo V ed i suoi uomini. Questi furono subito fronteggiati dagli ungheresi di Imre Thököly, alleati dei turchi, ma l'effetto sorpresa unito al morale altissimo degli austriaci ebbe la meglio e gli ungheresi si dovettero ritirare nel campo turco.

Kara Mustafa a questo punto capì che la presa di Vienna non era così a portata di mano come sembrava, e quindi diede ordine di procedere alla distruzione delle mura e di prepararsi all'assalto finale, rinunciando ad inseguire Carlo V che nel frattempo si era allontanato dalla città. La situazione pareva di nuovo volgere a favore degli assedianti in quanto le mura poco a poco si assottigliavano erose dalle mine turche. Prevedendo la prossima apertura di una breccia nelle mura i viennesi si prepararono al combattimento strada per strada.


[modifica] I preparativi
La situazione era a questo punto più che caotica. Da un lato turchi ancora superiori numericamente ma spaventati dall'arrivo di Carlo V e soprattutto terrorizzati dall'arrivo, ormai imminente, del grosso dei rinforzi di cui si era sparsa la notizia. Dall'altro i viennesi che sentivano la morsa stringersi su di loro, certi ormai dell'esito infausto che li aspettava. Infine Carlo V che aspettava solo più Sobieski (nel frattempo si erano uniti ai rinforzi i principi tedeschi).


SobieskiE infatti Sobieski varcò il Danubio il 6 settembre a Tulln, 30 km da Vienna, e fu subito posto a comando dell'ormai formidabile armata che si era riunita (Lega Santa). Sobieski dimostrò in quell'occasione una lungimiranza assai rara per i re dell'epoca. Infatti l'aiuto che gli chiese Leopoldo I non portava nulla al regno di Polonia che in quegli anni era impegnato in lotte altrettanto crude con i vicini Regno di Svezia e Impero Russo. Egli accettò poiché aveva capito che la caduta di Vienna avrebbe spalancato ai turchi le porte della Germania ancora devastata dalla recente guerra dei trent'anni e una volta in Germania nessuno avrebbe potuto fermare l'espansionismo ottomano.

Non altrettanta lungimiranza mostrò Kara Mustafa, che anzi non fece nulla per motivare il suo esercito e fidelizzare le truppe non turche che ne componevano la gran parte. Addirittura il Khan di Crimea, esitò quando ebbe l'occasione di attaccare la cavalleria pesante di Sobieski quando questa si trovava sulle colline a nord di Vienna, cioè in una situazione di estrema vulnerabilità. E non fu l'unico caso di divisione interna nel fronte turco.

Un altro errore fu quello di non occupare più ampiamente le colline a nord di Vienna, lasciando così praticamente indifesi i ponti che dal Nord conducono alla città, interamente costruita sulla riva Sud del Danubio.

Le forze della Lega Santa si riunirono così l'11 settembre sul Kahlen Berg (Monte nudo) pronte alla resa dei conti con gli ottomani. Nelle prime ore del mattino del 12 una messa propiziatoria venne celebrata, e la tradizione tramanda che Sobieski ne fu il chierichetto.


[modifica] La battaglia
La battaglia ebbe inizio subito dopo la messa, all'alba. Furono i turchi ad aprire le ostilità nel tentativo di interrompere il dispiegamento di forze che la lega santa stava ancora ultimando. Carlo V ed i tedeschi rintuzzarono l'attacco in attesa che Sobieski ed i suoi fossero pronti.

Kara Mustafa ancora una volta rinunciò ad ingaggiar battaglia sperando di riuscire a entrare in Vienna in extremis, lasciando così altro tempo alle forze cristiane di ultimare il dispiegamento. Ma ormai le sorti volgevano decisamente in favore degli europei, e addirittura gli assediati, galvanizzati dall'arrivo dei rinforzi, attaccavano le file turche. La battaglia era cominciata, furibonda come e più del previsto. I turchi pagarono subito l'errore di non essersi preparati a difendersi dalle forze provenienti dal nord, trovandosi di fatto con l'élite dell'esercito (i Giannizzeri) schierati dove non serviva, cioè presso le mura che erano ancora in piedi, e le retroguardie difese solo da truppe poco preparate. A questo punto Kara Mustafa capì che la battaglie era persa, e tentò con tutte le forze di vendere cara la pelle, cioè prendere Vienna, complicando così di molto i piani della Lega Santa e soprattutto infliggendole lo smacco di entrare in città proprio mentre la battaglia volgeva a favore dei cristiani.

Anche questo piano fallì. Ma ancora l'esercito cristiano non aveva giocato la sua carta più forte: la cavalleria polacca. Nel tardo pomeriggio dopo aver seguito dalla collina l'andamento dello scontro 4 divisioni di cavalleria (1 tedesca e 3 polacche) scesero all'attacco a passo di carica. L'attacco fu condotto da Sobieski in persona e dai suoi 3000 Ussari. La carica sbaragliò definitivamente l'esercito turco, mentre gli assediati uscirono dalle mura a raggiungere i rinforzi che già inseguivano gli ottomani in rotta.

La battaglia di Vienna vide anche l'esordio in combattimento di un futuro, grande condottiero: Eugenio di Savoia.


[modifica] Esito
I turchi persero circa 15.000 uomini, a fronte dei 4 000 dei cristiani, i quali recuperarono anche una gran parte del bottino accumulato dagli ottomani nel corso delle loro scorrerie nei Balcani.

Kara Mustafa pagò con la vita i suoi errori strategici e soprattutto tattici: il 25 dicembre successivo fu decapitato a Belgrado, che a sua volta si apprestava a capitolare.


[modifica] Conseguenze

Lapide commemorativa del contributo decisivo dell'Esercito polacco alla Battaglia di ViennaLa battaglia rappresentò il punto di svolta, a favore degli europei, delle guerre austro-turche. Infatti non solo segnò l'arresto della spinta espansionistica ottomana in Europa, ma anche l'inizio della riconquista dei Balcani: poco dopo infatti gli austriaci occuparono l'Ungheria e la Transilvania, firmando quindi nel 1699 la pace coi turchi (Trattato di Karlowitz).

Il comportamento di Luigi XIV fu a dir poco miope in quanto la sua neutralità non solo aveva fatto correre il rischio al continente intero (Francia inclusa) di cadere nelle mani dei turchi, ma aveva anche gettato le basi (già molto solide peraltro a causa della guerra dei trent'anni) per un rapporto di conflittualità con le popolazioni di lingua tedesca destinato a protrarsi fino alla seconda guerra mondiale. Come se non bastasse la Francia ne aveva approfittato anche per rosicchiare territori ai confini con la Germania, Alsazia, Lussemburgo ecc. inasprendo ulteriormente i rapporti coi principi tedeschi, inasprimento che pochi anni dopo sfociò nella Guerra della Lega di Augusta.


Sobieski manda al Papa il messaggio della vittoria dipinto di Jan MatejkoSobieski naturalmente fu riconosciuto l'eroe della battaglia, e una una chiesa fu eretta sul Kahlenberg in onore del re polacco.

Sul piano diplomatico le conseguenze dalla battaglia furono tutt'altro che positive. Come spesso capita, la vittoria sul nemico comune fu seguita da liti, ripicche, veti e quant'altro di peggio la politica sa tirar fuori in occasione dello scioglimento delle alleanze puramente militari. Sobieski infatti non seppe far pesare abbastanza il fatto di aver salvato l'impero d'Austria, e si trovò addirittura un nemico in più da fronteggiare oltre alle già citate Russia e Svezia e soprattutto la bellicosissima Prussia, tutt'e tre neutrali nel conflitto coi turchi e militarmente in via di potenziamento. Fu così che nel 1772 la Polonia letteralmente scomparì (prima spartizione della Polonia) ed i suoi territori furono spartiti fra le tre superpotenze dell'Europa centrale: Austria, Russia e Prussia.


[modifica] Curiosità
La tradizione vuole che la forma dei croissant fosse stata ideata dopo l'assedio dai pasticcieri viennesi, ispirati dalle insegne ottomane che ancora oggi recano la mezzaluna, a celebrazione dello scampato pericolo. Questa tradizione potrebbe essere solo una leggenda popolare: il nome croissant è un termine francese, che si traduce in italiano sia con l'aggettivo "crescente", che con il sostantivo "mezzaluna" Vi è pure un'altra versione sulla diffusione del croissant. Secondo tale versione questi erano dolci preparati dai pasticceri turchi al seguito dell'armata che assediava Vienna (il seguito di tale armata era una vera e propria città mobile, con harem, eunuchi, saltimbanchi, cuochi e così via). Messo in rotta l'esercito turco, le truppe alleate avrebbero catturato alcuni di questi pasticcieri con i loro dolci ed i croissant, subito imitati in Vienna e quivi così "battezzati"[1], riscossero il successo che conosciamo. In Austria ed in Svizzera però questo dolce è conosciuto soprattutto con il nome tedesco Gipfel (cornino).
Non si ha notizia tuttavia di ricette stampate sulla loro preparazione antecedenti il XIX secolo.
Ancora oggi in Polonia sono vendute le sigarette di marca Sobieski per commemorare il grandissimo sovrano.
É storicamente provato che un notevole contributo alla vittoria di Sobieski fu arrecato dal graduato polacco Franciszek Jerzy (= Giorgio) Kulczycki, che svolse attività di spionaggio trafficando con i turchi in sacchi di caffè, ma in realtà fornendo al comando polacco notizie sulla dislocazione delle truppe turche e sui loro movimenti. Finito l'assedio Jan III lo ricompensò con una scritta sul suo stemma di famiglia: «Salus Vienna Tua», nonché donandogli tutto il caffè abbandonato dalle truppe ottomane. Kulczycki restò a Vienna, con il nome germanizzato di Franz Georg Kolschitzky, dove aprì nel 1684 la prima caffetteria viennese, fra le prime europee. Oggi la sua Bottega del caffè non esiste più, ma permane il suo nome al quale è intitolata la via che l'ospitava: 4. Kolschitzky-gasse, nonché una sua statua, posta sullo spigolo del palazzo d'angolo della strada stessa, che lo ritrae vestito da turco con una caffettiera in mano. F.J. Kulczycki, nato nel 1640, morì nel 1694. È ricordato come uno dei sicuri introduttori del caffè in Europa.
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