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GLI EROI CHE SALVARONO IL CRISTIANESIMO E LA CIVILTA' OCCIDENTALE

Ultimo Aggiornamento: 03/12/2008 15:28
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L'AMMIRAGLIO ANDREA DORIA e LA BATTAGLIA di LEPANTO (parte seconda)
Prima della battaglia

Don Giovanni d'Austria viene nominato comandante della flotta cristiana. Ventiseienne figlio illegittimo del defunto Imperatore Carlo V° e fratellastro del regnante Filippo II° è tra i più abili condottieri dell'epoca. Riuscendo a mantenere assieme gli alleati ottiene già una grande vittoria diplomatica.

Marcantonio Colonna trentaseienne comanda la flotta pontificia composta da galee toscane noleggiate.

Giovanni Andrea Doria trentunenne figlio di Giannettino Doria (morto durante la congiura dei Fieschi), nipote ed erede del grande Ammiraglio Andrea Doria comanda la flotta spagnola per l'Italia.

Agostino Barbarigo comanda il corno sinistro dello schieramento.

L'anziano Sebastiano Venier settantacinquenne comanda la flotta veneziana.

Pietro Giustiniani comanda la flotta dell'Ordine di Malta.

Ettore Spinola comanda la flotta genovese.

Andrea Provana di Leinì comanda la flotta dei Savoia.

Partecipano anche: Pietro Lomellini, Antonio Canal, Giorgio Grimaldi e molti altri personaggi appartenenti alle più prestigiose famiglie nobili italiane.

La flotta cristiana si compone di:
6 galeazze;
oltre 200 galee (205?);
30 navi da carico;
circa 13000 marinai;
circa 44000 rematori;
circa 28000 soldati;
circa 1800 cannoni.

A fine agosto la flotta cristiana comincia a radunarsi a Messina e il 16 settembre, per anticipare la cattiva stagione, salpa alla ricerca del nemico.

Il 26 settembre la flotta giunge nelle acque di Corfù ormai devastata dal corsaro Ulugh Alì ma la notizia peggiore riguarda la caduta di Famagosta (Cipro). La notizia è giunta con notevole ritardo ed è terribile. Il 18 agosto Mustafà Pascià conquista la città promettendo la salvezza per i difensori ma vigliaccamente si rimangia la parola: fa uccidere gli uomini, rende schiave le donne, tortura il Governatore Bragadin, lo fa scuoiare vivo e impagliare per poterlo esporre.

La flotta cristiana prosegue nonostante il maltempo verso Cefalonia dove sosta alcuni giorni. Il 6 ottobre le navi giungono davanti al Golfo di Patrasso.



Le avanguardie cristiane riportano l'avvistamento della flotta ottomana e si decide di dar battaglia.

Il mattino seguente (7/10) le due flotte cominciano a schierarsi. La preparazione è lunga e difficoltosa e solo intorno a mezzogiorno può cominciare la battaglia.

Schieramento cristiano

Da nord (sottocosta) a sud (al largo):

Corno sinistro - 53 galee e 2 galeazze in posizione avanzata;
comandato da Barbarigo;
tra le galee è presente la capitana di Venezia;

Centro - 61 galee e 2 galeazze in posizione avanzata;
comandato da Don Giovanni D'Austria (comandante supremo);
tra le galee sono presenti le capitane di Lomellini, Sauli, Genova (Spinola), Venezia (Venier), Santa Sede (Marcantonio Colonna), Savoia, Grimaldi e Ordine di Malta;

Corno destro - 53 galee e 2 galeazze in posizione avanzata;
comandato da Giovanni Andrea Doria;
tra le galee sono presenti le capitane di Sicilia e Doria;

Retroguardia - 38 galee;
comandata dal Marchese di Santa Cruz.





Schieramento turco

Da nord (sottocosta) a sud (al largo):

Ala destra - 55 galee
comandata da Shoraq (Scirocco);

Centro - 90 galee;
comandato da Alì Pascià (comandante supremo)

Ala sinistra - 90 galee
comandata da Ulugh Alì (probabilmente un calabrese che ha abiurato il cattolicesimo);

Retroguardia - 10 galee e 60 navi minori
comandata da Dragut (omonimo del noto corsaro);



La battaglia

Il vento cambia direzione e all'inizio dello scontro finalmente volge in favore dei cristiani.

La prima mossa spetta ai turchi che avanzano ignorando le potenzialità delle galeazze lasciate volutamente isolate davanti allo schieramento cristiano per poter esprimere al meglio la loro forza.

Scambiate per innocue navi da carico, scaricano sugli ottomani un volume di fuoco probabilmente mai visto prima. Al contrario delle normali galee, ogni lato è munito di artiglierie principali ed il risultato è devastante: morti, feriti, relitti e terrore.



I turchi perdono di compattezza tra le proprie fila e abbandonano al loro destino i vascelli colpiti. Alì Pascià comprende l'impossibilità di impegnare le galeazze e ordina di superarle in gran fretta.

Le linee ottomane, decimate ma ancora combattive, superano le galeazze e cercano lo scontro diretto con lo schieramento cristiano.

Giocato il fattore sorpresa, Don Giovanni D'Austria passa alla tattica classica.

Ora anche i cristiani avanzano a tutta forza incontro ai turchi. I compiti dei tre gruppi sembrano abbastanza chiari ...



1. Barbarigo alla guida del corno sinistro e posizionato sottocosta deve parare il colpo di "Scirocco", impedire che il nemico possa insinuarsi tra le sue navi e la spiaggia per accerchiare la flotta cristiana. La manovra ha solo un parziale successo e lo scontro si accende subito violento. La stessa galea di Barbarigo diventa teatro di un epica battaglia nella battaglia con almeno due capovolgimenti di fronte. Ferito gravemente alla testa, Barbarigo resiste alla morte sino all'arrivo degli aiuti che gli permettono di perire vittorioso nel suo compito. "Scirocco" viene catturato, ucciso e decapitato.

2. Al centro degli schieramenti Alì Pascià cerca e trova la galea di Don Giovanni d'Austria la cui cattura risolverebbe definitivamente lo scontro. Contemporaneamente altre galee impegnano Venier e Marcantonio Colonna. Sulla galea di Don Giovanni si ripete lo scontro cruento a cui ha partecipato Barbarigo. Più volte la nave vede avanzare e poi ritirare i due avversari. La svolta si ha con l'arrivo della riserva del Marchese di Santa Cruz e delle galee di Venier e Marcantonio Colonna disimpegnatisi dai rispettivi avversari. Alì Pascià, già ferito, si suicida per evitare l'umiliante cattura. La testa del defunto comandante ottomano viene esposta contro la volontà di Don Giovanni per porre termine alla battaglia. Anche la bandiera della galea di Alì Pascià cade in mani cristiane a testimonianza della vittoria.

3. Al largo, la situazione è meno cruenta ma un po' più complicata. Giovanni Andrea Doria dispone grossomodo dello stesso numero di galee del Barbarigo ma davanti a se ha quasi il doppio di nemici e oltretutto, la disponibilità di più ampi spazi di manovra rende più probabile l'accerchiamento da parte dell'ala sinistra turca di Ulugh Alì. Giovanni Andrea Doria ha l'analogo compito di Barbarigo, deve impedire a tutti i costi che gli ottomani possano circondare il centro di Don Giovanni e possibilmente chiudere da sud sul centro ottomano. Giovanni Andrea Doria deve coprire un'area più vasta e ciò lo costringe a manovrare al largo. Ulugh Alì approfitta della situazione, si insinua tra il centro ed il corno destro riuscendo a sopraffare alcune galee. E' sua intenzione aggirare e sgominare il corno destro cristiano per poi dirigere la prua verso le posizioni di Don Giovanni d'Austria. Lo scontro al largo si accende e divampa cruento. Le galee di Ulugh Alì devono affrontare non solo quelle di Giovanni Andrea Doria ma anche quelle dell'onnipresente riserva del Marchese di Santa Cruz. Lo scontro al largo si protrae per più di un'ora ma è proprio il temibile Ulugh Alì, considerato il miglior comandante ottomano, a porvi fine. Intuita la disfatta, rivolge la prua, che avrebbe voluto puntare su Don Giovanni d'Austria, verso il mare aperto e fugge a Costantinopoli.



4. Il teatro della battaglia si presenta come uno spettacolo apocalittico: relitti in fiamme, galee ricoperte di sangue, morti o uomini agonizzanti. Sono trascorse quasi cinque ore quando la battaglia ha termine con la vittoria cristiana. Don Giovanni d'Austria riorganizza la flotta per proteggerla dalla tempesta che minaccia la zona e invia un paio di galee a Messina per annunciare la vittoria. Ulugh Alì è in rotta verso Costantinopoli. L'Europa è salva e l'Impero Ottomano è stato finalmente fermato.

Conseguenze per G. A. Doria

La vittoria non porta però i giusti riconoscimenti a Giovanni Andrea Doria. Le infamanti accuse di scarso impegno o incapacità se non addirittura accordo con il nemico fomentate non a caso dai veneziani, lasciano il segno influenzando anche il Pontefice. E' possibile che la prima conseguenza sia il rinnovo dell'asiento (contratto con la Spagna) macchiato dalla sostituzione da Consigliere di Don Giovanni.

Risulta però difficile pensare che le accuse mossegli vengano in realtà minimamente credute dai contemporanei dato che negli anni successivi:
Don Giovanni d'Austria lo vuole a suo fianco nell'impresa di Tunisi;
Filippo II° di Spagna lo considera suo "referente" a Genova;
l'Imperatrice d'Austria viaggia sulle sue galee;
Filippo II° lo nomina Generale del Mare come il defunto zio Andrea;
Orazio Pallavicino lo contatta come mediatore per la pace tra Spagna e Inghilterra (infruttuoso);
Filippo II° lo nomina membro del Consiglio di Stato;
Filippo III° lo incarica di guidare la spedizione contro Algeri;
per due volte i regnanti spagnoli rifiutano le sue dimissioni per motivi di salute;
dopo la terza richiesta, accettata, di dimissioni, ancora una volta la Spagna lo incarica di occuparsi dei disordini monegaschi.

Tutti incarichi provenienti da chi deteneva il potere senza la necessità di esprimere falsa adulazione. Incarichi prestigiosi, da assegnare a uomini di fiducia, tuttavia la diffamazione ha lasciato traccia nei libri di storia.



Considerazioni varie

La decisone di Giovanni Andrea Doria di manovrare al largo staccandosi dal centro cristiano sembra essere più una necessità che una scelta.

Le due flotte si schierano in linea ad eccezione delle riserve e da nord (sottocosta) a sud si contrappongono:
53 galee (Barbarigo) - 55 galee (Scirocco);
61 galee (Giovanni d'Austria) - 90 galee (Alì Pascià);
53 galee (Giovanni Andrea Doria) - 90 galee (Ulugh Alì).

Considerando le proporzioni tra gli schieramenti [167(?) - 235(?)], è plausibile che gli ottomani si trovino già inizialmente in condizione di accerchiare i cristiani. La manovra al largo di G. A. Doria diventerebbe quindi necessaria per fermare Ulugh Alì e il conseguente varco tra corno destro e centro cristiano in cui si infila l'ala sinistra ottomana ne è una conseguenza inevitabile. Sarebbe da approfondire anche l'indicazione secondo cui alcune galee del corno destro si sarebbero rifiutate di seguire Giovanni Andrea Doria puntando sul centro della battaglia. Tra le galee viene segnalata la Capitana di Malta ma questa sembra essere invece indicata come appartenente al centro già dall'inizio in una posizione marginale dello schieramento.



due carriere a confronto Giovanni Andrea Doria e Sebastiano Venier


Abitualmente nei resoconti della battaglia di Lepanto e nei profili dei protagonisti, si lascia intendere o immaginare una certa esperienza bellica di Sebastiano Venier. Dai vari testi viene fatta risaltare l'importanza dell'Ammiraglio veneziano e posta in ombra la figura di Giovanni Andrea Doria se non per evidenziarne eventuali comportamenti scorretti e/o sbagliati. Alla fine della battaglia, Venier emerge come soggetto protagonista e positivo mentre Giovanni Andrea Doria risulta elemento negativo o al più secondario.

Le varie fonti non riportano però precedenti bellici di Sebastiano Venier che sembra quindi improvvisarsi Ammiraglio. Al contrario l'esperienza bellica e navale di Giovanni Andrea Doria risulta quasi ventennale. Certo è che il carattere a dir poco brusco e poco accondiscendente del Venier mette a rischio l'alleanza prima ancora dello svolgersi della battaglia.

Alcuni brani tratti da "i Dogi di Venezia nella vita pubblica e privata" di Andrea da Mosto sembrano però descrivere meglio l'Ammiraglio veneziano. Viene sì sottolineato il suo valore nello scontro ma si ricorda anche la sua carriera quale uomo di legge, "amministratore" e "politico". Si rammenta l'inesperienza navale e bellica non avendo mai servito sulle galee. Viene anche riportata una "lagnanza" del Venier in merito ad un'ispezione della propria galea da parte di Giovanni Andrea Doria inviato da Don Giovanni d'Austria. Questo fatto lascia supporre una maggiore fiducia nella capacità di Giovanni Andrea Doria rispetto a quelle di Sebastiano Venier.

Credo che i rapporti sugli accadimenti di Lepanto, probabilmente di fonte veneziana, abbiano nel tempo alterato l'autentico peso storico dei due personaggi a discapito di Giovanni Andrea Doria.



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