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Sant'Agostino, perfetta unità nella Trinità

Ultimo Aggiornamento: 21/12/2008 18:24
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Riporto un brano inserito da Daniele
OMELIA 20
Perfetta unità della Trinità.
Essendo la Trinità un solo Dio, tutte le opere dell'unico Dio sono ugualmente del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

1. Le parole del Signore nostro Gesù Cristo, soprattutto quelle riferite dall'evangelista Giovanni [il quale stava appoggiato sul petto del Signore (cf. Gv 13, 23) proprio per attingere i segreti della sua arcana sapienza e trasmettere mediante il Vangelo ciò che col suo cuore innamorato aveva attinto], sono così profonde e così dense di contenuto, che turbano quanti sono sviati mentre impegnano i retti di cuore. Perciò la vostra Carità concentri l'attenzione su queste poche parole che sono state lette. Vediamo per quanto è possibile, con l'aiuto e il favore di colui stesso che ha voluto fossero a noi trasmesse le sue parole - che allora furono udite e trascritte perché adesso si leggessero -, qual è il senso di ciò che avete appena ascoltato: In verità, in verità vi dico: il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre; poiché quanto questi fa, il Figlio similmente lo fa (Gv 5, 19).


2. Ricorderete, dalla precedente lettura, che l'occasione di questo discorso fu la guarigione, compiuta dal Signore, di uno di quelli che giacevano nei cinque portici della piscina di Salomone. A quel paralitico il Signore aveva detto: Prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua. Siccome questo miracolo lo aveva compiuto di sabato, per questo i Giudei, furenti, lo accusavano come eversore e prevaricatore della legge. Fu allora che Gesù dichiarò: Il mio Padre continua ad agire ed anch'io agisco (Gv 5, 8 17; Mc 2, 11). Essi, infatti, intendendo materialmente l'osservanza del sabato, pensavano che Dio, dopo la fatica della creazione del mondo, si fosse come addormentato fino al presente, e avesse consacrato questo giorno perché in esso aveva cominciato a riposare dalla sua fatica. In realtà esiste un mistero del sabato prescritto ai nostri padri antichi (Es 20, 8-11), che noi cristiani osserviamo spiritualmente astenendoci da ogni opera servile, cioè da ogni peccato [dice infatti il Signore che chi commette peccato è servo del peccato (Gv 8, 34)], raggiungendo la quiete del cuore, cioè la tranquillità spirituale. Ma per quanti sforzi facciamo, non arriveremo al riposo perfetto in questo mondo, ma solo quando saremo usciti da questa vita. Pertanto si dice che Dio il sabato si riposò nel senso che, dopo che tutto fu compiuto, non doveva più creare nulla. La Scrittura parla di riposo per farci intendere che solo dopo aver compiuto le opere buone, potremo riposarci. Così sta scritto nella Genesi: E Dio fece tutte le cose molto buone; e nel settimo giorno Dio si riposò (Gn 1, 31; 2, 2), affinché a tua volta, o uomo, considerando che Dio si riposò dopo le opere buone, non abbia a sperare per te riposo se non quando avrai compiuto opere buone. E come Dio dopo aver fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza nel sesto giorno, e compiute in quel giorno tutte le sue opere assai buone, nel settimo giorno si riposò, così a tua volta non dovrai per te sperare riposo se non quando sarai tornato nella somiglianza in cui sei stato fatto e che hai perduto peccando. In verità non si può dire che Dio lavorò, poiché egli disse e le cose furono fatte. Chi è che dopo un'impresa così facile, sente il bisogno di riposare come dopo una fatica? Perché, se avesse comandato e qualcuno gli avesse opposto resistenza, se il suo comando non fosse stato eseguito e avesse dovuto faticare per portare a compimento l'opera sua, con ragione si potrebbe dire che si riposò dalla fatica: se non che in quel medesimo libro della Genesi leggiamo: Iddio disse: Sia la luce, e la luce fu. Iddio disse: Sia il firmamento, e il firmamento fu (Gn 1, 3 6-7); e così tutte le altre cose furono fatte in virtù della sua parola. Un salmo attesta la medesima cosa: Egli disse e tutto fu fatto; egli comandò e le cose furono create (Sal 32, 9; 148, 5). Come si può dunque pensare che, creato il mondo, cercasse riposo, quasi smettesse di lavorare, colui che nell'impartire ordini non si era certo affaticato? Vuol dire che tutto ciò contiene un significato mistico, ed è stato scritto precisamente perché noi si abbia a sperare riposo dopo questa vita, ma soltanto se avremo compiuto opere buone. Perciò il Signore, rintuzzando l'arroganza e l'errore dei Giudei, e mostrando loro che non avevano di Dio un sentimento giusto, disse a quanti si erano scandalizzati perché egli aveva di sabato operato la guarigione di quell'uomo: Il Padre mio continua ad agire e anch'io agisco (Gv 5, 17). Come a dire: Non crediate che mio Padre si sia riposato di sabato nel senso che da quel giorno abbia cessato di operare; ma come lui continua ad operare, così anch'io opero; e come il Padre opera senza affaticarsi, così anche il Figlio opera senza fatica. Iddio disse, e fu fatto; Cristo disse all'infermo: Prendi il tuo lettuccio e vattene a casa, e fu fatto.

[Le opere del Padre e del Figlio sono inseparabili.]

3. La fede cattolica ritiene che le opere del Padre e del Figlio sono inseparabili. E' di questo che intendo parlare alla vostra Carità, se ne sarò capace: occorre però tener presente l'avvertimento del Signore: Capisca chi può (Mt 19, 12). Chi non riuscirà a capire, non lo rimproveri a me, ma alla propria lentezza, e si rivolga a colui che apre il cuore perché vi riversi il suo dono. Se qualcuno, poi, non intende per il fatto che io non parlo in modo adeguato, compatisca l'umana fragilità e supplichi la divina bontà. Abbiamo dentro di noi il Cristo come maestro. Qualunque cosa non riusciate a comprendere per difetto della vostra intelligenza e della mia parola, rivolgetevi dentro il vostro cuore a colui che insegna a me ciò che dico, e distribuisce a voi come crede. Colui che sa dare, e sa a chi dare, si farà incontro a chi domanda e aprirà a chi bussa. E se per caso non dovesse dare, nessuno si consideri abbandonato. Può forse differire i suoi doni, ma non lascia patire la fame a nessuno. Se non dà subito, è per mettere alla prova chi cerca, ma non disprezza chi si rivolge a lui. Badate, dunque, e fate attenzione a ciò che intendo dirvi, anche se forse non ci riesco. La fede cattolica, solidamente rafforzata dallo Spirito di Dio nei suoi santi, insegna, contro ogni perversa eresia, che le opere del Padre e del Figlio sono inseparabili. Che significa questo? Che come il Padre e il Figlio sono inseparabili, così anche le opere del Padre e del Figlio sono inseparabili. Come possiamo dire che il Padre e il Figlio sono inseparabili? Perché egli stesso afferma: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 30). Il Padre e il Figlio non sono due dèi, ma un solo Dio; il Verbo e colui di cui egli è il Verbo, sono un solo e unico Dio. Il Padre e il Figlio, intimamente congiunti nella carità, sono un solo Dio, e uno solo è anche il loro Spirito di carità, di modo che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo formano la Trinità. Come dunque sono uguali e inseparabili le persone, non soltanto le persone del Padre e del Figlio, ma anche dello Spirito Santo, così sono inseparabili anche le loro opere. Per maggior chiarezza lo ripeto ancora: le loro opere sono inseparabili. La fede cattolica non insegna che Dio Padre ha fatto una cosa e il Figlio un'altra distinta; ma che il Padre ha fatto ciò che anche il Figlio ha fatto, ciò che anche lo Spirito Santo ha fatto. Per mezzo del Verbo infatti furono fatte tutte le cose. Quando disse e furono fatte, furono fatte per mezzo del Verbo, per mezzo del Cristo. Infatti in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (Gv 1, 1 3). Se tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, quando Dio disse: Sia luce, e fu luce, operò nel Verbo, operò per mezzo del Verbo.


4. Abbiamo appena sentito nel Vangelo la risposta di Cristo ai Giudei, furibondi perché non solo violava il sabato, ma chiamava Dio suo proprio Padre facendosi uguale a Dio. Così infatti è scritto nel capitolo precedente. In risposta a tale loro assurda indignazione, il Figlio di Dio, che era la verità, disse: In verità, in verità vi dico: il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre (Gv 5, 18-19). Come a dire: Vi siete scandalizzati perché ho detto che Dio è mio Padre e perché mi faccio uguale a Dio? Sono così uguale che lui mi ha generato; sono così uguale che non è lui da me, ma io da lui. Questo infatti è il senso delle parole: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Cioè, è dal Padre che il Figlio riceve il potere di fare ciò che fa. Perché riceve il potere dal Padre? Perché è dal Padre che riceve il suo essere Figlio. E perché riceve il suo essere Figlio dal Padre? Perché dal Padre riceve l'essere e dal Padre riceve il potere: nel Figlio infatti l'essere e il potere si identificano. Nell'uomo non è così. Dalla considerazione dell'umana debolezza, che sta molto in basso, alzate più che potete i vostri cuori; e se mai qualcuno di noi riesce ad attingere l'arcano segreto e, come folgorato dallo splendore di quella grande luce, riesce a gustare qualcosa, tanto da non rimanere del tutto privo di sapienza, non si illuda tuttavia di sapere tutto, affinché, levandosi in superbia, non abbia a perdere ciò che è riuscito a sapere. Nell'uomo una cosa è ciò che egli è, un'altra cosa ciò che egli può. Talvolta infatti egli è bensì uomo, ma non può ciò che vuole; talvolta invece è talmente uomo che riesce a fare ciò che vuole; è chiaro, dunque, che altro è il suo essere, altro il suo potere. Poiché se il suo essere s'identificasse con il suo potere, volere sarebbe potere. In Dio, al contrario, la natura, in virtù della quale egli è, non è distinta dalla potenza in virtù della quale egli opera. Tutto ciò che egli ha, come tutto ciò che egli è, è in lui consustanziale, appunto perché Dio e il suo essere Dio non è in lui una cosa distinta dal suo potere, ma s'identificano in lui l'essere e il potere così come s'identificano il volere e il fare. E siccome la potenza del Figlio deriva dal Padre, perciò anche la sostanza del Figlio ha origine dal Padre; e siccome la sostanza del Figlio deriva dal Padre, anche il potere del Figlio viene dal Padre. Non si distingue, nel Figlio, la potenza dalla sostanza, ma la potenza s'identifica con la sostanza: sostanza per essere, potenza per operare. Siccome dunque il Figlio è generato dal Padre, perciò ha detto: Il Figlio non può far nulla da sé. Infatti il Figlio non è da sé, e quindi non può nulla da sé.
[La parola di Dio impegna a fondo il cuore docile.]

5. Si direbbe che il Figlio si consideri inferiore al Padre, quando dice: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. E' qui che l'orgoglio degli eretici alza la testa: mi riferisco a coloro che sostengono che il Figlio è inferiore al Padre, inferiore in autorità, maestà e potere, dimostrando così di non intendere il senso misterioso delle parole di Cristo. Presti attenzione, la vostra Carità, e vedrete come per il loro modo d'intendere grossolano, gli eretici restano scombussolati da queste stesse parole di Cristo. A tal proposito, ho già osservato che la parola di Dio - soprattutto quella riferita dall'evangelista Giovanni - provoca turbamento nei cuori che non sono retti, mentre stimola i cuori ben disposti. Giovanni dice cose sublimi, non comuni, né di facile comprensione. Ecco, a sentir queste parole, l'eretico salta su a dire: Vedi che il Figlio è inferiore al Padre? Ecco, senti quello che il Figlio stesso dice: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Aspetta, abbi pazienza, secondo l'esortazione della Scrittura: Ascolta con calma la parola, per poter capire (Sir 5, 13). Tu credi che anch'io, che sono convinto essere uguali la potenza e la maestà del Padre e del Figlio, sia turbato per aver udito queste parole: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Turbato da queste parole, io mi rivolgo a te, che credi di averle capite, e ti chiedo: Sappiamo dal Vangelo che il Figlio camminò sul mare (Mt 14, 25); quando mai egli ha veduto il Padre camminare sul mare? Ecco che anche tu sei turbato. Lascia dunque da parte ciò che avevi capito, e cerchiamo insieme. Cosa dobbiamo fare? Abbiamo sentito il Signore dire: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Il Figlio camminò sul mare, il Padre non camminò sul mare. Eppure il Figlio non può far nulla da sé, che non lo veda fare dal Padre.


6. Ritorna dunque con me a ciò che dicevo, per vedere se riusciamo ad intendere in modo tale da superare insieme la difficoltà. Poiché io, secondo la fede cattolica, vedo come uscirne senza danno, senza inciampare; tu invece, chiuso d'ogni parte, cerchi una via d'uscita. Guarda per dove sei entrato. Forse non hai capito ciò che ti ho detto: Guarda per dove sei entrato; ascolta colui che dice: Io sono la porta (Gv 10, 7). Non per nulla cerchi una via d'uscita e non la trovi, perché non sei entrato per la porta ma, calandoti per il muro, sei caduto. Cerca, dunque, di rialzarti dalla tua caduta, ed entra per la porta, se vuoi entrare senza danno e uscire senza errare. Entra per Cristo, e non dire ciò che ti viene in mente, ma ciò che lui ti rivela. E' questo che devi dire. Ecco come la fede cattolica esce da questa difficoltà. Il Figlio camminò sul mare, posò i piedi di carne sopra le onde: era la carne che camminava, e la divinità la sosteneva. Il Padre era in questo caso forse assente? Se fosse stato assente, come potrebbe il Figlio dire: Il Padre che dimora in me, è lui che compie le opere (Gv 14, 10)? Se il Padre, che dimora nel Figlio, è lui che compie le sue opere, il camminare del corpo sopra il mare era opera del Padre, che egli compiva per mezzo del Figlio. Cioè, quel camminare sulle onde era opera inseparabile del Padre e del Figlio; li vedo all'opera tutti e due: il Padre non abbandona il Figlio, né il Figlio si allontana dal Padre. Insomma, tutto ciò che fa il Figlio, non lo fa senza il Padre, perché tutto ciò che fa il Padre non lo fa senza il Figlio.
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7. Questa è la via d'uscita. Vedete che a ragione diciamo essere inseparabili le opere del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo? Tu, invece, in modo grossolano intendi che Dio fece la luce (cf. Gn 1, 3) e che il Figlio vide il Padre fare la luce; e così pretendi che il Figlio, in base alla sua affermazione Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre, sia inferiore. Dio Padre fece la luce: e il Figlio, quale altra luce ha fatto? Dio Padre fece il firmamento, creò il cielo tra le acque superiori e le acque inferiori (cf. Gn 1, 6); secondo il tuo modo d'intendere ottuso e grossolano, il Figlio lo vide. Ebbene, dato che il Figlio vide fare il firmamento, e, dato che il Figlio disse: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che ha visto fare dal Padre, mostrami un altro firmamento. O non hai per caso perduto il fondamento? Coloro che sono stati edificati sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare dell'edificio (cf. Ef 2, 14-20), hanno trovato in Cristo la pace, e non stanno più a litigare andando fuori strada e cadendo nell'eresia. Riconosciamo, dunque, che la luce fu fatta da Dio Padre, ma per mezzo del Figlio; che il firmamento fu fatto da Dio Padre, ma per mezzo del Figlio: Tutte le cose - infatti - sono state fatte per mezzo di lui, e senza di lui niente fu fatto. Scuoti la tua intelligenza, che più che intelligenza si dovrebbe chiamare stoltezza. Dio Padre ha fatto il mondo: quale altro mondo ha fatto il Figlio? Mostrami il mondo fatto dal Figlio. Il mondo in cui siamo, di chi è, e da chi è stato fatto? Se dici che è stato fatto dal Figlio e non dal Padre, ti allontani dal Padre! se dici che è stato fatto dal Padre e non dal Figlio, il Vangelo ti ricorda: Il mondo fu fatto per mezzo di lui, e il mondo non lo riconobbe (Gv 1, 3 10). Riconosci dunque colui per mezzo del quale il mondo è stato fatto, e non voler essere tra coloro che non riconobbero il creatore del mondo.


[Il Verbo attinge dal Padre ciò che può e ciò che è.]

8. Le opere del Padre e del Figlio sono dunque inseparabili. Quando dice: Il Figlio da sé non può far nulla, è come se dicesse: Il Figlio non è da sé. E infatti se è Figlio, vuol dire che è nato, e se è nato, deve il suo essere a colui dal quale è nato. Ma il Padre generò il Figlio uguale a sé. Niente mancò a colui che lo generò; non ebbe bisogno del tempo per generarlo, perché lo generò eterno come era egli stesso; non ebbe bisogno di una madre per generarlo, perché da se stesso proferì il Verbo. E non ha neppure preceduto nell'età il Figlio, sì da generarlo a sé inferiore. Qualcuno dirà che Dio ebbe il Figlio dopo tanti secoli, nella sua vecchiaia. Ma come non si può parlare di vecchiaia riguardo al Padre, così non si può parlare di crescita riguardo al Figlio: né uno invecchia né l'altro cresce; ma il Padre ha generato il Figlio uguale a sé, l'eterno lo ha generato eterno. Come può, dirà qualcuno, l'eterno generare un altro eterno? Allo stesso modo che una fiamma effimera genera una luce effimera. Sono simultanee la fiamma che genera e la luce generata; non c'è priorità di tempo tra l'una e l'altra: nell'istante in cui comincia la fiamma, in quel medesimo istante comincia la luce. Dammi una fiamma senza luce e io ti darò Dio Padre senza il Figlio. E' dunque questo il significato delle parole: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre, perché il vedere del Figlio significa che egli è nato dal Padre. Non si distingue la sua visione dalla sua sostanza, così come non si distingue la sua potenza dalla sua sostanza. Tutto ciò che egli è, lo è dal Padre; tutto ciò che può, lo può dal Padre; perché il suo potere è tutt'uno con il suo essere, e tutto viene dal Padre.

9. Il Signore prosegue nelle sue affermazioni, provocando turbamento in coloro che lo fraintendono, onde richiamarli alla retta intelligenza. Aveva detto: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre: ma temeva che una concezione grossolana s'insinuasse a sovvertire la mente e qualcuno li immaginasse come due artigiani, uno maestro e l'altro discepolo, e il discepolo che sta lì a guardare il maestro intento a costruire, mettiamo, un armadio, per fabbricarne poi un altro lui secondo che ha visto fare dal maestro; temendo dunque che una mentalità grossolana potesse trasferire una tale immagine nella semplicità di Dio, proseguendo disse: poiché quanto il Padre fa, il Figlio similmente lo fa. Non fa il Padre una cosa e il Figlio un'altra, ma tutto ciò che fa il Padre lo fa anche il Figlio, e nel medesimo modo. Non dice che il Figlio fa qualcosa di simile a ciò che fa il Padre, ma dice che quanto il Padre fa, il Figlio similmente lo fa. Quello che fa uno lo fa anche l'altro: il mondo lo fa il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Se ci sono tre dèi, ci sono tre mondi; ma se c'è un solo Dio: Padre e Figlio e Spirito Santo, c'è un solo mondo fatto dal Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo. Dunque il Figlio fa le stesse cose che fa il Padre, e non le fa in maniera diversa; fa le stesse cose e nella stessa maniera.


10. Il Signore aveva già detto: fa le medesime cose. Perché ha aggiunto similmente, cioè nel medesimo modo? Affinché non nascesse nell'animo nostro un'altra errata interpretazione. Considera un'opera qualsiasi dell'uomo: nell'uomo c'è l'anima e il corpo; l'anima comanda al corpo, ma c'è grande differenza tra il corpo e l'anima; il corpo è visibile, l'anima invisibile; tra la potenza e la virtù dell'anima e quella di un corpo, sia pure di un corpo celeste, c'è molta differenza. L'anima tuttavia comanda al corpo e il corpo obbedisce, e sembra che il corpo faccia le stesse cose che fa l'anima: sì, fa le stesse cose, ma non nello stesso modo. Come si può dire che fa le stesse cose, ma non nello stesso modo? L'anima concepisce in sé una parola, comanda alla lingua, e questa proferisce la parola che l'anima ha concepito; è stata l'anima che ha dato origine alla parola, ed è stata anche la lingua; ha agito il padrone del corpo e ha agito anche il servo; ma il servo, il potere di fare quello che ha fatto lo ha ricevuto dal padrone, e l'ha fatto per ordine suo. Tutti e due hanno fatto la stessa cosa, ma forse nello stesso modo? Dov'è la differenza?, dirà qualcuno. Ecco, la parola che la mia anima ha concepito rimane in me; ciò che invece la mia lingua ha proferito, si è dileguato percuotendo l'aria e non c'è più. Quando pronunci una parola nella tua anima e questa risuona sulla tua lingua, rientra nella tua anima e vi ritroverai la parola che hai concepito. Ma forse che perdura sulla tua lingua come perdura nella tua anima? La parola che risuona sulla tua lingua, è opera della lingua che la pronuncia ed è opera dell'anima che la pensa; ma il suono della lingua passa, mentre il pensiero dell'anima rimane. Ciò che fa il corpo, quindi, lo fa anche l'anima, ma non nello stesso modo. L'anima fa ciò che in essa permane; la lingua invece produce un suono che, attraverso l'aria, percuote l'orecchio. Puoi forse inseguire le sillabe per trattenerle? Non è dunque il caso del Padre e del Figlio, i quali fanno le stesse cose e le fanno nello stesso modo. Ha fatto Dio un cielo che permane? Anche il Figlio ha fatto un cielo che permane. Ha fatto Dio Padre l'uomo mortale? Anche il Figlio ha fatto l'uomo mortale. Quanto di stabile ha fatto il Padre, lo ha fatto anche il Figlio e col medesimo carattere, perché ha operato allo stesso modo; e quanto di temporale ha fatto il Padre, lo ha fatto anche il Figlio, e col medesimo carattere; perché non soltanto ha fatto le stesse cose, ma le ha fatte altresì nello stesso modo. Infatti il Padre ha operato per mezzo del Figlio, in quanto ha fatto tutte le cose per mezzo del Verbo.
[Per raggiungere Dio bisogna trascendere anche l'anima.]

11. Cerca divisione tra il Padre e il Figlio, e non la troverai. Ma solo se saprai elevarti al di sopra di te, non la troverai. Solo se hai raggiunto qualcosa di superiore alla tua mente, solo allora potrai renderti conto che non ce n'è. Infatti, se ti fermi a ciò che l'anima erroneamente si costruisce, parlerai con la tua fantasia, non col Verbo di Dio: rimarrai vittima delle tue fantasie. Trascendi il corpo e comincia a gustare l'anima; trascendi anche l'anima e arriva a gustare Dio. Non puoi raggiungere Dio, se non ti elevi ad di sopra anche dell'anima; tanto meno riuscirai a raggiungerlo se permani nella carne. Quanto sono lontani dal gustare Dio, coloro che si fermano alla sapienza della carne! Infatti non ci arriverebbero neppure con la sapienza dell'anima. La sapienza della carne allontana molto l'uomo da Dio; c'è molta distanza tra la carne e l'anima, ma ce n'è di più tra l'anima e Dio. Se tu abiti nella tua anima, ti trovi come in mezzo: se guardi giù, c'è il corpo; se guardi su, c'è Dio. Elevati al di sopra del tuo corpo e oltrepassa anche te stesso. Tieni conto di ciò che il salmo dice e saprai come si deve gustare Dio: Le lacrime sono diventate il mio pane giorno e notte, mentre mi si ripete in ogni istante: Dov'è il tuo Dio? (Sal 41, 4). Quasi che i pagani ci provocassero dicendo: Ecco i nostri dèi; e il vostro Dio dov'è? Essi mostrano ciò che è visibile, noi adoriamo l'Invisibile. E a chi potremmo mostrarlo? all'uomo che non ha la possibilità di vederlo? Perché, se è vero che essi vedono i loro dèi con gli occhi, è altrettanto vero che abbiamo anche noi occhi per vedere il nostro Dio. Sono gli occhi che il nostro Dio deve purificare perché possiamo vederlo: Beati - infatti - i puri di cuore, perché essi vedranno Dio (Mt 5, 8). Così il salmista, dopo aver detto di essere turbato nel sentirsi dire continuamente dov'è il tuo Dio?, dice: mi sono ricordato di questo, che mi si dice continuamente: Dov'è il tuo Dio?; e come nel tentativo di afferrare il suo Dio, aggiunge: mi sono ricordato di questo e ho elevato sopra di me l'anima mia (Sal 41, 4-5). Cioè, per raggiungere il mio Dio, riguardo al quale mi sentivo dire dov'è il tuo Dio?, ho elevato la mia anima non soltanto sopra la mia carne, ma anche al di sopra di me stesso: ho trasceso me stesso per raggiungere lui. Colui che mi ha creato è sopra di me: non lo raggiunge se non chi si eleva al di sopra di sé.


12. Considera il tuo corpo: è mortale, è terrestre, è fragile, è corruttibile: distaccati da esso! Ma dirai che forse soltanto la carne è legata al tempo. Considera altri corpi, i corpi celesti. Essi sono più grandi, più perfetti, luminosi: si muovono da oriente a occidente, sono sempre in movimento, sono visibili non solo agli uomini ma anche agli animali. Procedi oltre. Ma come faccio - mi dirai - ad elevarmi al di sopra dei corpi celesti, io che cammino sulla terra? Non è con la carne che devi ascendere, ma con l'anima. Va' oltre questi corpi! Anche se brillano e rifulgono nel cielo, sono sempre corpi. Sali più in alto, tu che forse credi non si possa andare al di là di queste meraviglie che contempli. Tu dici: E dove potrò andare oltre i corpi celesti, che cosa debbo ancora oltrepassare con l'anima? Hai contemplato tutte queste meraviglie? Sì, le ho contemplate, rispondi. Come hai potuto contemplarle? Venga fuori quegli stesso che le contempla. Chi contempla, infatti, tutte queste meraviglie, chi giudica e discerne, e chi per così dire le pesa sulla bilancia della sapienza, è l'anima. Senza dubbio l'anima, mediante la quale hai pensato tutte queste cose, è superiore a tutte queste cose che hai pensato. Essa dunque non è corpo ma spirito: elevati al di sopra anche di questo spirito. E, per vedere a che cosa devi elevarti, prima confronta l'anima con la carne. Anzi, no, non fare mai un simile confronto. Confronta, piuttosto, l'anima con lo splendore del sole, della luna e delle stelle: lo splendore dell'anima è superiore. Considera la rapidità del pensiero: non è più rapida la scintilla dell'anima che pensa, dello splendore del sole meridiano? Vedi colla tua anima il sole che sorge: il suo movimento, paragonato a quello del tuo pensiero, appare troppo lento; in un attimo col tuo pensiero hai abbracciato l'intero corso del sole. Hai visto il sole seguire il suo corso da oriente a occidente, per rispuntare domani dal lato opposto. Col tuo pensiero hai già fatto tutto il percorso, mentre il sole segue il suo corso con tanta lentezza. E' una cosa meravigliosa l'anima! Ma perché dico: è? Elevati al di sopra anche di essa, perché anche essa è mutevole, sebbene sia migliore di qualsiasi corpo. Ora sa e ora non sa, ora dimentica e ora ricorda, ora vuole e ora non vuole, ora pecca e ora è giusta. Elevati, dunque, al di sopra di ogni essere che muta, non solo al di sopra di ogni essere visibile, ma anche di ogni essere mutevole. Ti sei elevato al di sopra della carne visibile, ti sei elevato al di sopra del cielo, del sole, della luna e delle stelle che sono visibili: trascendi anche tutto ciò che muta! Oltrepassate le realtà visibili, sei pervenuto alla tua anima, ma anche lì hai trovato i caratteri della mutabilità. E' forse mutevole anche Dio? Trascendi, dunque, anche la tua anima! Eleva la tua anima sopra te stesso, per raggiungere Dio, del quale ti si domanda: Dov'è il tuo Dio?

13. Non credere che questa sia un'impresa superiore alle possibilità dell'uomo. L'evangelista Giovanni c'è riuscito. Egli si è elevato al di sopra della carne, al di sopra della terra dove camminava, al di sopra dei mari che vedeva, al di sopra dell'aria in cui volano gli uccelli, si è elevato al di sopra del sole, delle stelle, al di sopra di tutti gli spiriti invisibili, e mediante la contemplazione della sua anima si è elevato al di sopra del suo stesso spirito. Dopo aver trasceso tutte queste cose, e aver elevato la sua anima al di sopra di se stesso, dove è pervenuto? cosa ha visto? In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio (Gv 1, 1). Ora, se non trovi divisione nella luce, perché la vuoi trovare nelle opere? Guarda Dio, contempla il Verbo, e unisciti intimamente al Verbo che parla: la sua parola non si compone di sillabe, la sua parola è risplendente fulgore della sapienza. Della sua sapienza si dice che è splendore della luce eterna (Sap 7, 26). Osserva lo splendore del sole. Il sole è in cielo e riversa il suo splendore su tutta la terra, su tutti i mari; eppure la sua luce è solo corporale. Se riesci a separare dal sole il suo splendore, riuscirai anche a separare il Verbo dal Padre. Ho parlato del sole; ma anche un'esile fiammella di lucerna, che si può spegnere con un soffio, sparge la sua luce tutto attorno. Vedi la luce sprigionata dalla fiamma; vedi che ha origine dalla fiamma, non la vedi separata da essa. Convincetevi dunque, fratelli carissimi, che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono tra loro inseparabilmente uniti, e che questa Trinità è un solo Dio, e che tutte le opere di questo unico Dio sono opere del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Le altre parole del Vangelo, che fanno parte del discorso di nostro Signore Gesù Cristo, formeranno l'argomento del mio discorso di domani: venite ad ascoltarlo.

Tratto dal sito www.augustinus.it
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