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Religioni di popoli coltivatori primitivi

Ultimo Aggiornamento: 22/02/2009 22:27
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RELIGIONI DI POPOLI COLTIVATORI PRIMITIVI

Certamente uno dei più profondi e decisivi rivolgimenti della storia umana prese inizio quando qualche gruppo umano passò dal sistema della semplice appropriazione ' di quanto la natura offriva bell'e pronto, a una qualsiasi forma della produzione degli alimenti. Come e quando (nelle sue prime forme, forse sporadiche e marginali) ciò sia avvenuto, resta per ora assai problematico. È ancora in discussione anche la questione, se la prima forma di produzione alimentare fosse l'allevamento di bestiame o la coltivazione della terra. La prima ipotesi trova tuttora difensori che, tra l'altro, si richiamano a quei casi di quasi impercettibile passaggio dalla fase della caccia a quella della pastorizia, il cui esempio più importante ci viene fornito da certi popoli delle zone artiche e subartiche, dove accanto alla caccia alle renne esiste anche l'allevamento di renne, ma anche una forma che a buon diritto si considera come intermedia: quando cioè un popolo segue le migrazioni delle renne, rimanendo con esse in continuo contatto e sfruttandole, quasi fossero i loro armenti. Ma è stato fatto notare che l'esempio non ha valore di prova, perché da alcuni indizi (come p. es. la poca domesticità anche delle renne allevate e la mancata differenziazione di queste dalle renne selvatiche -mentre gli animali da lungo tempo allevati assumono caratteri particolari che li distinguono dalle specie selvatiche da cui derivano) risulta che la addomesticazione delle renne è un fatto relativamente recente, probabilmente suggerito dalla vicinanza di popoli allevatori di altro bestiame (equino c bovino). Sembra, inoltre, che l'allevamento del bestiame grande (bovini, cavalli, cammelli, ecc.) sia più recente (forse cronologicamente non anteriore alla formazione delle prime civiltà superiori!) dell'allevamento del bestiame piccolo (polli, cani, maiali) che, a sua volta, presuppone già quella vita sedentaria che solo la coltivazione della terra rende possibile. Comunque sia, per la questione delle origini, -e in questioni del genere è assai difficile arrivare a un" ultima parola' -nella realtà etnologica si conoscono sia casi in cui un popolo prevalentemente allevatore di grande bestiame (e quindi, in un certo grado, nomade) si è fatto sedentario e coltivatore, sia casi in cui dal seno di una popolazione coltivatrice un gruppo si è staccato per dedicarsi esclusivamente, o quasi, alla pastorizia. Ad ogni modo, i popoli coltivatori rappresentano la stragrande maggioranza dell'attuale umanità primitiva, mentre i popoli pastori puri sono piuttosto delle eccezioni.
Per i primordi della coltivazione non si possono fare che ipotesi: probabilmente non si saprà mai come a un gruppo umano, sul finire del paleolitico, si sia rivelata la possibilità e si sia imposta la opportunità di coltivare certe piante alimentari, anziché semplicemente raccogliere quelle che esistevano nella natura selvaggia. Che anche i cacciatori-raccoglitori conoscano e, a volte, si riservino come proprietà' certe zone fertili di prodotti vegetali e vi ritornino periodicamente; che essi si preoccupino di non sfruttare tutt'in una volta fino all'ultimo le risorse di tali zone, sapendo che dalle radici e frutti lasciati sul posto ì vegetali si riprodurrebbero nella stagione successiva; che, immagazzinando i vegetali alimentari, essi possano osservare la germinazione di questi. Tutto ciò non ci spiega sufficientemente né perché a un certo momento un gruppo umano abbia scoperto e adottato la coltivazione, né perché prima esso stesso e molti altri per centinaia di millenni non l'abbiano fatto.
Non è difficile immaginare le profonde trasformazioni delle forme dell'esistenza e, quindi, della civiltà, dovute al passaggio alla coltivazione; anzitutto, questa permette e, anzi, rende necessaria una vita sedentaria (anche là dove i mezzi tecnici non permettono di sfruttare continuamente la stessa terra: la maggior parte dei popoli primitivi, ignari dell'aratro, spesso anche della concimazione e della irrigazione, sfruttano solo la superficie del terreno che rapidamente si esaurisce, di modo che essi devono cercare -ma sempre nelle vicinanze -volta per volta nuovi terreni in cui piantare o seminare); ora, mentre il nomadismo induce l'uomo a non fabbricare nulla che sia difficile trasportare, la vita sedentaria permette e promuove lo sviluppo dell'artigianato; mentre il nomadismo è praticato più facilmente da gruppi ristretti, la coltivazione permette la formazione di agglomerati umani più estesi; questi, d'altra parte, richiederanno un'organizzazione sociale di diverso tipo. Ai mutati bisogni, condizioni, possibilità, rispondono importanti mutamenti nel modo di vedere e di concepire l'esistenza e, quindi, anche nella religione.


GLI ARAPESH

Con il nome ' Arapesh' si indica, negli studi, un popolo della Nuova Guinea nord-orientale, che non ha una precisa coscienza di essere un popolo; arapesh, nella sua lingua, significa semplicemente “uomo “. Gli Arapesh vivono in tre fasce di terra contigue e parallele, una costiera, una montana e una, interna, di pianura. Margaret Mead (Anthropological Papers 36/3, 1938 e 37/3, 1940) ha studiato da vicino gli Arapesh montani per i quali valgono, dunque, i dettagli di quanto segue e principalmente il loro più grande vilJaggio, Alitoa, dove in 28 case vivevano 87 persone (mentre esistono altri villaggi di appena 5-6 case). L'unità sociale fondamentale degli Arapesh è la gens patrilinea e localizzata; ma, salvo per l'alimentazione, nessun gruppo è autosufficiente; i legami tra i gruppi sono costituiti dal commercio, dai matrimoni e dalle cerimonie inter-villaggio. L'economia -come in una larghissima zona oceaniana -è fondata sulla coltivazione di tuberi e di alberi fruttiferi (taro, igname, sago, banana, noce di cocco), sull'allevamento di maiali e, in parte, sulla caccia. Agli Arapesh montani la vita faticosa e la scarsa alimentazione non permettono di dedicarsi anche ad altre attività, e perciò essi devono procurarsi tutto ciò che occorre loro al di fuori del cibo -armi, utensili, vestiario, ecc. -per commercio. Il commercio consiste in uno scambio di doni, ma in una forma istituzionale del tutto particolare: ogni singola famiglia ha la propria • strada ' tradizionale che si estende sia fino alla costa sia fino alla pianura interna: ognuna di queste ' strade ' riservate a singole famiglie attraversa abitati in cui vivono persone con cui la famiglia montana è in un rapporto speciale sanzionato come' fratellanza ' ; un giovane, appena iniziato, viene portato dai suoi sulla strada tradizionale e presentato ai 'fratelli ' da cui riceve doni che inaugurano i futuri scambi.


Ragazzi Arapesh suonano il flauto , a destra Margaret Mead

La religione - L'esistenza degli Arapesh è largamente determinata dall'osservazione di un gran numero di tabu. I cibi stessi sono divisi in due categorie: quelli che sono tabu per gli adulti in età riproduttiva e riservati perciò ai bambini e ai vecchi, e gli altri destinati, al contrario, ai soli adulti. il più importante tabu è però quello che proibisce -sullo stesso piano e includendoli nel medesimo concetto -l'incesto sessuale e il consumo dei prodotti propri: esattamente come nessuno deve aver contatti sessuali con la propria madre o sorella, cosi non deve mangiare del maiale che ha allevato, della selvaggina che ha uccisa, dell'igname che ha coltivato. Questo tabu fondamentale ha per effetto che nella società Arapesh tutti vivono di doni e nessuno può fare a meno della cooperazione collettiva. La cooperatività e la pacifica convivenza costituiscono una caratteristica saliente della civiltà degli Arapesh. Contrapposti al , buon luogo' che è il villaggio in cui regna questo spirito pacifico, i dintorni scoscesi e accidentati del villaggio sono il ' cattivo luogo ': qui vengono relegate le capanne per le mestruanti e le partorienti, le latrine pubbliche e, in generale, tutto ciò che potrebbe contaminare il villaggio. Ma fuori del villaggio vivono anche quegli esseri extra-umani che -con un termine pidgin adottato per concetti simili di tutta l'area culturale -vengono chiamati marsalai. A questi si attribuiscono forme animali più o meno fantastiche (serpente a due teste e di colore insolito, altre forme di animali ma con una sola gamba, ecc.). I marsalai sono localizzati in determinati punti del non-abitato; ciascuno di essi, oltre la propria dimora, ha anche un proprio nome, un aspetto ben definito e qualche caratteristica particolare (p. es. uno punisce con una determinata malattia, l'altro con un'altra, ma la maggioranza con disastri meteorici); vi sono, inoltre, due grandi marsalai, della terra (in forma di vipera) e del mare (in forma di dugong), che producono l'arcobaleno. Ora, i marsalai sembrano ben distinti, nella concezione Arapesh, dagli antenati: tuttavia, essi sono legati alle singole gentes. I vivi sono ospiti effimeri sulla terra degli antenati, ciascuna gens su quella dei propri antenati, dove però abita anche il proprio marsalai; nessuno può cacciare sul territorio di una gens diversa dalla sua, se non viene ritualmente presentato da un membro di essa al marsalai e agli antenati. I marsalai puniscono gli estranei che cacciano nel loro territorio, puniscono le donne mestruanti o incinte che vi entrano e puniscono infine - ciò che mostra un ulteriore legame tra marsalai e antenati - coloro che trascurano le offerte agli antenati, mentre possono esser placati, appunto, con offerte agli antenati.


Maschere sciamaniche Arapesh

Oltre ai tabu costanti, gli Arapesh ne osservano alcuni severissimi, ma temporanei che entrano in vigore nei momenti di particolari ' crisi 'i quando questi vengono ritualmente sciolti, alcuni altri continuano ad esser osservati {ma al termine della lunazione nel corso della quale la crisi si è verificata; ma in certe occasioni anche dopo lo scioglimento di tali tabu ' lunari' si continuano ad osservare altri fino al successivo germogliare dell'igname coltivato. Queste ultime occasioni sono legate alla vita sessuale. Il ragazzo comincia ad osservare i tabu immediati, quelli della lunazione e quelli dell'igname al momento in cui gli spuntano ì peli del pube; la ragazza, quando nota che i suoi seni cominciano a gonfiarsi ; successivamente, il maschio li osserverà -ma solo fino al termine della Iunazione -in occasioni come la sua iniziazione, la nascita di un suo figlio, ecc., la femmina per ogni mestruazione. La vita sessuale ha un notevole rilievo nelle istituzioni religiose degli Arapesh. Osserviamo qui un'istituzione maschile, diffusa in un'area adiacente abbastanza larga, che ha un indiscutibile nesso con il sesso, dato che consiste in un determinato trattamento dell'organo genitale, anche se non tutte le funzioni attribuitele dagli Arapesh riguardano direttamente il sesso: si tratta di incisioni praticate sull'organo genitale da cui si lascia scorrere abbondante sangue. I maschi Arapesh cominciano a praticare quest'uso sin dall'età infantile, ad imitazione dei più grandi; le occasioni normali in cui l'uomo Arapesh vi ricorre, sono le seguenti: prima di aver contatti con la moglie; dopo il primo contatto; in caso di trasgressioni di norme sessuali; ma poi anche: dopo esser stati a contatto con un cadavere; dopo aver ucciso; dopo aver preparato una di quelle maschere che sono conservate nella Casa tamberan' (v. sotto ). Il rito assume dunque una funzione genericamente purificatrice.


Mundugumor, portafortuna Arapesh

Altrove -p. es. nell'isola Wogeo, presso la costa della Nuova Guinea, -quest'uso si concepisce come il surrogato maschile della mestruazione: ogni individuo ha sangue maschile e femminile nelle vene; la donna si libera in via naturale del sangue maschile, l'uomo deve liberarsi in questa maniera artificiale del sangue femminile: ma si noti che in caso di simili concezioni spesso si tratta di interpretazioni secondarie di un'istituzione tradizionale e l'opinione corrente a Wogeo non necessariamente spiega l'uso né presso gli Arapesh, né a Wogeo stessa; ad ogni modo, anche presso gli Arapesh si incontra la concezione secondo cui in ogni individuo c'è una parte materna e una patema: nei primi due mesi di gravidanza della moglie, i coniugi intensificano i rapporti sessuali, perché l'uomo deve contribuire alla formazione del bambino dopo questo periodo, il bambino è considerato come formato e deve solo nutrirsi. È significativo, in questo contesto, che al momento dell'iniziazione -v. sotto -il giovane deve bere sangue degli uomini già iniziati, cioè sangue pienamente maschile.


Bambini Arapesh

La tendenza a una differenziazione religiosamente sanzionata tra i sessi si esprime in modo particolare in quel complesso di istituzioni maschili che con un altro termine usato per tutta l'area si designano come tamberan. Questo termine ha un senso più largo di quello della parola con cui gli Arapesh stessi indicano tre cose per noi assai differenti: la persona specializzata che nelle iniziazioni incide l'organo genitale dei giovani, i flauti sacri e le maschere conservati nella ' casa tamberan ' (una forma della 'casa degli uomini '). La base delle istituzioni indicate come tamberan è costituita dalle iniziazioni maschili (quelle femminili pare manchino: i riti di passaggio legati alla menarche sembrano avere un carattere privato). Le iniziazioni si celebrano in due forme distinte: individualmente per ciascun ragazzo che abbia raggiunto l'età richiesta, e poi, ogni 6-7 anni, collettivamente, quando vi sono già 30-40 ragazzi pronti a subirle. Anche nella forma individuale il ragazzo viene segregato da tutte le donne, sotto sorveglianza di qualche anziano; viene operato dall'incisore specialista che è chiamato 'casuario' (e nel rito collettivo si traveste, anche, da casuario); subisce fustigazioni con ortiche; beve il sangue raccolto dalle vene di diversi anziani; gli viene rivelato che il tamberan, la cui voce finora era da lui creduta di origine sovrumana, non è che un gruppo di flauti conservati nella casa tamberan (e che hanno, dunque, la stessa funzione che altrove ha il rombo); all'uscita dalla segregazione egli viene picchiato nel petto dal fratello della madre, a simbolizzare la sua nuova posizione rispetto alla famiglia materna cui l'iniziazione lo sottrae; egli deve offrire un banchetto a questo zio materno, quasi per compensazione. Le iniziazioni collettive hanno il medesimo schema fondamentale, ma la segregazione avviene in un recinto appositamente costruito, gli iniziandi devono correre tra gruppi di giovani iniziati che Ii picchiano, i segreti che vengono rivelati sono più numerosi e comprendono p. es. le maschere e l'arte dell'intagliare il legno; tra gli iniziati dello stesso turno -che lasciano in forma solenne, e ben ornati, il luogo di segregazione -s'instaura uno stabile rapporto di solidarietà che si manifesta anche in reciproci doni di maiali. Vi sono occasioni in cui tutta la comunità dei maschi iniziati agisce collettivamente: tra queste occasioni figurano p. es. la costruzione di una nuova casa tamberan, o certi banchetti a base di carne offerti ai suona tori dei flauti e dei gongs, l'imposizione solenne di tabu su certi prodotti alimentari, e singolari azioni disciplinari con cui si procede contro personaggi importanti che si siano comportati in maniera antisociale. Figurativamente si parla anche di un ' tamberan delle donne' che comprende i riti femminili da cui gli uomini sono rigorosamente esclusi.
Oltre al sesso, è il cibo che occupa un posto preminente nella religione Arapesh: basti ricordare quanto si è già detto intorno ai tabu che riguardano soprattutto l'alimentazione. L'igname che oggi costituisce solo una modesta parte dell'alimentazione-base, sul piano religioso conserva un prestigio che forse testimonia di una sua antica importanza maggiore: la coltivazione dell'igname ha il suo mito delle origini (una donna, quando va a prender acqua in un determinato luogo, si trasforma sempre in casuario; avverte poi i figli che in quel luogo passa sempre un casuario; questi mettono lì una trappola e la loro madre-casuario vi rimane presa; dopo giorni di attesa per la madre, i figli capiscono l'accaduto, si recano alla trappola e seppelliscono la madre; riesumandone le ossa dopo due mesi, notano che esse stanno germogliando; a questo punto, il mito racconta minuziosamente le operazioni che si compiono per piantare i tuberi e poi quelle del raccolto dell'igname spuntato dalle ossa della donna: "da allora" la gente coltiva e mangia l'igname); la coltivazione dell'igname è rigorosamente riservata agli uomini ; inoltre, gli Arapesh -che oggi piantano e raccolgono

l'igname in qualsiasi stagione -hanno un ' calendario' fondato sulle fasi della coltivazione dell'igname, che prevedeva lavori strettamente stagionali. L'importante cerimonia, detta abullu, organizzata da un singolo individuo, prevede tuttavia una partecipazione collettiva: essa consiste in primo luogo nell'esposizione degli ignami prodotti dal datore della festa, accatastati in un ordine particolare e dipinti; in questa occasione vengono eseguiti determinati canti e danze ' abullu ' -riservati esclusivamente a questa cerimonia -per i quali è da osservare che, nel canto, la melodia è obbligata, mentre le parole vengono improvvisate volta per volta e quasi sempre si riferiscono alla morte recente di qualche persona, ciò che sembra collegarsi a quel nesso che nelle civiltà coltivatrici spesso appare tra la morte e la fertilità agraria. L'igname accatastato è per gli ospiti e non per il datore della festa: tuttavia, è quest'ultimo che prima della celebrazione è sottoposto a gravosi tabu temporanei e, dopo, deve subire un complesso rito di purificazione ed entrare in un nuovo stato di tabu simile a quello che grava sui genitori dopo la nascita di un bambino, e che viene sciolto con un pasto rituale, lasciando in vigore solo alcuni tabu “lunari”.
Nel rito di purificazione che conclude l'abullu, il datore della festa è assistito e guidato da un'altra persona che ha già dato, in passato, il proprio abullu . Ciò, però, non è che un esempio di una regola generale dei rituali di passaggio presso gli Arapesh: ognuno che debba risolvere ritualmente una situazione di crisi si affida all'aiuto di una persona che abbia già attraversato la medesima situazione critica: alla donna partoriente presta assistenza -sia nella parte tecnica della levatrice, sia in quella rituale che si concentra sull'imposizione di tabu ai genitori -una donna che abbia già partorito, agli iniziandi un iniziato e perfino nel rito di purificazione cui deve sottomettersi un omicida vi è bisogno dell'opera di una persona che precedentemente abbia ucciso e si sia purificata.

Quanto alla mitologia Arapesh, non si è accennato finora che al mito delle origini dell'igname; anche questo, del testo, ha un'altra variante secondo cui ' in un tempo' la gente mangiava solo schegge di legno, ma una donna-casuario tirò fuori da sotto la pelle gli ignami. Tutti i fattori fondamentali dell'esistenza degli Arapesh hanno il loro mito: cosi p. es. l'allevamento dei maiali; 'in un tempo' i maiali domestici avrebbero complottato con i maiali selvatici per impossessarsi degli uomini e avrebbero fatto esattamente gli stessi preparativi per , legare' gli uomini che oggi gli uomini fanno per legare i maiali; ma un matsalai rivela agli uomini il progetto, e perciò questi, non appena i maiali tornano a casa, li legano e li regalano agli amici; conseguenza di quest'incidente rnitico è che' da allora' gli uomini devono regalare i maiali una volta legati, senza mangiarne, e che i maiali selvatici che -vista la piega presa dagli avvenimenti -non si sono più avvicinati per dar man forte ai compagni domestici, sono tuttora nel bosco e bisogna andare a cacciarli. Così anche il rapporto tra marsalai e donne mestruanti: un marsalai adirato distrugge tutto il paese, ma, fortunatamente, una donna mestruante si trova fuori del paese (nella capanna mestruale), dove la sua segregazione è condivisa, secondo l'uso, da un fratello minore impubere del marito; essi formeranno la prima coppia da cui l'umanità si ricostruirà mentre se le norme non fossero state osservate, l'umanità non esisterebbe più. I tabu mestruali e, in generale; femminili sono fondati anche dal racconto secondo cui una volta un uomo s'impossessò del grembiule (femminile! ) di un casuario che con gli altri casuari faceva il bagno; cosi, mentre questi altri se ne andavano, il casuario senza grembiule restò con l'uomo che lo portò a casa per sposarlo; ma il casuario non era una vera donna, e per renderlo completamente tale, l'uomo dovette sottoporIo a tutti i riti che la ragazza Arapesh deve subire, al momento della menarche, per diventare una donna. Gli Arapesh hanno, inoltre, una lunga serie di racconti su un popolo fantastico -la gente di Sabigil -che, a prima vista, appaiono favole semplicemente divertenti. A osservarli meglio, gli inganni (p. es. quando un uomo di Sabigil persuade un altro che il miglior modo di pescate è di bere l'acqua di un fiume e di raccogliere poi i pesci rimasti in fondo, ciò che l'altro tenta di fare ma scoppia dalla troppa acqua bevuta), le avventure oscene e comiche e, d'altra parte, i poteri sovrumani di cui la gente di Sabigil dispone, nonché qualche sporadico atto fondatore, ricordano troppo da vicino i miti dei tricksters d'altri popoli, per non accorgersi della funzione identica di quelle favole a quella di questi miti: l'unica differenza -che, cioè, nei miti di trickster più noti si tratta di un unico personaggio, mentre la' gente di Sabigil ' è una pluralità di persone -risulta, perciò, inessenziale.


GLI AO-NAGA


Bambina Naga

I Naga sono un gruppo di popoli che abitano nei monti che da Est delimitano la pianura dell'Assam (India): essi sono stati studiati soprattutto dagli anni '20 in poi da amministratori britannici versati nell'etnologia, come L. H. Hutton e J. P. Mills; oggi il governo dell'India, che non vuol esercitare alcuna coercizione di tipo colonialistico sulle popolazioni primitive del territorio indiano, ma vuol venire incontro alle loro necessità, si prefigge anzitutto di conoscerle il meglio possibile e perciò ricorre anche al servizi di etnologi europei, tra i quali V. Elvio e Ch. von Furer Haimendorft hanno studiato anche i Naga. La civiltà dei Naga è piuttosto omogenea, malgrado le differenze culturali tra un popolo e l'altro (p. es. i Konyak-Naga e una parte dei Rengma-Naga vivono praticamente nudi, mentre gli altri -Angami-, Sema-, Lhota-, Ao-Naga, ecc. -sono vestiti). Qui, fedeli al criterio di presentate la religione di un solo popolo alla volta, scegliamo gli Ao-Naga, seguendo la monografia di Mills (1926). Certo, gli Ao-Naga sono da considerarsi come un solo popolo, benché esso sia composto da tre gruppi etnici e linguistici che, divisi in clans e fratrie (gruppi di clans con particolari legami tra di loro), conservano tradizioni e istituzioni proprie: i Chongli, i Mongsen e i Changki. La complessità del quadro delle istituzioni Ao, dovuta a questa situazione etnica, aumenta ancora, quando osserviamo che l'unità politica fondamentale di questo popolo, il villaggio, è ugualmente un'unità composta, in quanto ogni villaggio include in sé più di un khel -villaggio nel villaggio, con amministrazione propria -mentre ciascun khel ha di solito più di un morung (specie dì ' casa degli uomini " v. sotto) e la posizione di un individuo è determinata anzitutto dalla sua appartenenza a un morung. Morung, khel e villaggio hanno, a tre livelli differenti, la propria amministrazione che provvede anche alla giustizia. I villaggi, costruiti in posizioni difficilmente accessibili, sono anche ' fortificati contro le imprese dei cacciatori di teste di altri villaggi o popoli: la restaurazione annuale del recinto del villaggio dava occasione a una festa pubblica; i morung venivano ricostruiti, tra solennità, ogni sei anni, in corrispondenza al ritmo delle classi d'età: infatti, i morung ogni tre anni accoglievano una nuova classe di giovani (tra i 12-14 anni) che per tre anni servivano i più anziani e per altri tre anni venivano serviti dalla classe successiva. L'economia degli AoNaga è fondata sulIa coltivazione del riso che è l'alimento-base del popolo. Esso è integrato dall'allevamento: di bovini (per la sola carne: non conoscono la mungitura), tra cui, in misura assai ridotta, i mithan (una specie bovina che serve soprattutto a fini sacrificali, v. sotto) che preferiscono comprare dai vicini, di molti maiali, poche pecore, più capre, polli e cani (di cui mangiano i cuccioli). Inoltre, su scala ridotta, gli Ao praticano anche la caccia e la pesca. Gli Ao conoscono la tessitura (riservata alle donne), la ceramica (riservata alle sole donne Changki), l'intaglio del legno, l'intreccio (soli maschi) e, circa da 8-9 generazioni, anche la metallurgia, probabilmente importata da stranieri, perché tuttora limitata ai discendenti di certe famiglie (probabilmente immigrate); anche oggi, di preferenza, gli Ao acquistano per via di commercio anche i dao, specie di spade ma con funzioni di strumenti universali. Nel commercio essi si servono ormai del denaro vero e proprio, ma esistono ancora forme di moneta tradizionali (dischi di ottone, pezzi di ferro a forma di dao, ecc.) ed è in largo uso il baratto (sale contro cotone e manufatti della pianura). Quanto alla società Ao-Naga, rammenteremo tre sue caratteristiche importanti: 1) la base della organizzazione sociale è l'età: i giovani usciti dal morung si sposano e a una certa età diventano 'consiglieri'; tra i 'consiglieri' più anziani vengono scelti poi i sacerdoti (v. sotto); 2) ma se l'età apre la strada verso le funzioni pubbliche, la ricchezza assicura un prestigio particolare; i ricchi non vendono il loro soprappiù di riso -ciò che li farebbe apparire poveri, bisognosi di guadagnare -ma lo prestano con interesse ai poveri, e ostentano i loro magazzini pieni di riso diventato immangiabile lungo gli anni e decenni; solo una certa ricchezza permette di compiere i sacrifici di mithan (v. sotto) che assicurano prestigio nella vita e dopo. (Vi è un'estrema varietà nell'abbigliamento e negli ornamenti personali degli Ao-Naga; l'appartenere a una determinata fratria, la residenza in una determinata località, i successi nella caccia alle teste, il numero dei sacrifici di mithan offerti dalla persona, da suo padre e da suo nonno -ognuna di queste cose dà diritto a portare questo o quell'ornamento, disegno o colore nelle vesti, ecc.); 3) La posizione delle donne nella società è eccellente; i lavori più pesanti sono fatti dagli uomini; le ragazze nei loro dormitori ricevono le visite dei giovani del morung e scelgono tra questi liberamente l'amante; tra gli amanti poi scelgono successivamente il marito e se il matrimonio, malgrado la libera scelta e l'esperienza prematrimoniale, dovesse riuscir male, vi è la massima facilità nel divorzio. La guerra presso i Naga, in generale, consiste nella caccia alle teste, ma con essa entriamo già in un campo più propriamente religioso.
La religione. -Per cominciare con l'argomento cui si è già accennato, bisogna precisare: non è la guerra che possa assumere o assuma regolarmente la forma della caccia alle teste, ma è la caccia alle teste che può condurre anche alla guerra o può svolgersi in forma di guerra. In realtà, essa non è necessariamente legata alla guerra, né il suo valore è da cercarsi nella gloria di rischiose imprese belliche: la testa può esser acquistata anche mediante imboscate e tranelli, può essere quella di una donna indifesa o anche di un ospite aggredito a tradimento; essa ha un valore in sé: il suo possesso, comunque acquisito, assicura fertilità, figli, successo nella caccia; un particolare rapporto con la fertilità agraria appare dal fatto che a ogni raccolto le primizie vengono strofinate con la testa posseduta. L'acquisto di teste dà un prestigio personale a chi lo compie: un prestigio che la società gli conferisce in considerazione del bene che a tutto il gruppo ne deriva; d'altra parte, però, il cacciatore di teste trae anche vantaggi personali dal proprio successo, proiettati anche nell'al di là (la persona uccisa e rimasta senza testa non può entrare nell'al di là finché il possessore della sua testa non muore e non porta con sé la testa che, infatti, lo accompagna fino alla tomba, dove viene appesa; entrata, con l'aiuto del proprio uccisore, ne diventa il servitore). Questa simultaneità del vantaggio per il gruppo e del prestigio personale appare anche nell'altra istituzione caratteristica dei Naga, nelle c.d. 'feste di merito' (termine convenzionale entrato nell'uso etnologico), accentrate intorno al sacrificio di mithan, da cui deriva prestigio al celebrante, ai suoi discendenti, al suo clan e al villaggio intero, e deriva anche l'aren, una' forza' immanente che garantisce la prosperità.


Ragazza naga con abito festivo

È ambizione di tutti poter celebrare' feste di merito '. Lo possono fare solo uomini sposati. La festa richiede preparativi gravosi, con l'accumulazione di ingenti quantità di cibi, per la quale vi è bisogno della collaborazione di almeno due ' amici formali ' (uomini di altri villaggi e clan con cui si è ritualmente stretto un legame tale da render incesto il contatto sessuale o il matrimonio tra i rispettivi discendenti e che esclude reciprocamente ogni aggressione mirante alla caccia alle teste). Il rituale si articola in due parti, ciascuna dalla durata di 5 giorni; la prima, imperniata sul sacrificio di un toro, è considerata come preliminare, la seconda che culmina nel sacrificio di un mithan è quella principale. Alcune caratteristiche del rituale appaiono interessanti e richiederebbero un'interpretazione approfondita: p. es. l'impressionante crudeltà con cui le vittime vengono torturate prima di essere uccise (ma i Naga anche in atti di culto molto meno importanti spennano vivo un pollo durante la invocazione, quasi che la sofferenza della vittima fosse necessaria per darle efficienza sacrificale ) o anche il fatto che il datore della festa e sua moglie non assistono al sacrificio stesso, ma dopo aver cosparso la vittima con' acqua, vino di riso, sale, penne del pollo spennato, e pezzetti di pesce (cioè tutti gli elementi principali dell'alimentazione Naga! ) si ritirano nella propria casa, né successivamente devono mangiare della carne della vittima. Ma un carattere particolarmente importante della festa di merito consiste nel fatto che essa, pur essendo celebrata su iniziativa di un individuo e nel proprio interesse di questi, assume chiaramente la fisionomia di una festa pubblica, in quanto non solo la dirige il sacerdote del clan cui l'individuo appartiene, e non solo a tutti i membri del clan vengono offerti cibi, ma quest'offerta è estesa anche a singoli rappresentanti di tutti i clans e ai consiglieri del villaggio.
Con tre feste di merito date durante la vita, l'Ao-Naga raggiunge l'apice della propria posizione nella società (più di tre possono offrirne solo gli uomini Chongli). A proposito del sacrificio di mithan, vale la pena di ricordare una credenza degli Ao: ogni persona ha una specie di 'alter-ego' nel cielo, il tiya; uomo e tiya hanno, ciascuno, le proprie anime; ora, una delle anime dell'uomo è un mithan celeste (e un sacrificio del mithan celeste costa la vita all'uomo), mentre un'anima del tiya è un mithan terrestre: perciò nel sacrificio del mithan il sacerdote inganna le potenze celesti, annunciandolo per un dato giorno, ma compiendolo un giorno prima, affinché il tiya non faccia in tempo ad impedirlo.
Accanto alle celebrazioni occasionali legate alla caccia alle teste e alle feste di merito, gli Ao-Naga hanno numerose feste , calendariali " legate strettamente alle varie fasi della coltivazione del riso. Ma solo alcune di esse assumono un preciso carattere di festa pubblica, quasi nello stesso senso e nella stessa forma in cui le feste pubbliche si celebrano nelle civiltà superiori; così, la festa Moatsu, celebrata al termine della semina, ha caratteri molto interessanti: preceduta da una notte di astinenza, essa dà luogo a una certa licenza orgiastica; gli uomini rinnovano la cintura dei loro dao, appositamente preparate dalle loro mogli o amanti; in quest'unica occasione all'anno, ogni Ao può vestirsi come vuole, in dispregio delle rigide norme che fissano i diritti ai singoli ornamenti, colori, ecc.; e in quest'unica occasione nessun Ao può esser multato per trasgressioni. Si tratta di una sospensione rituale dell'ordine' (come p. es. nei Saturnalia romani celebrati, si noti, ugualmente dopo la fine della semina!). Un'altra festa importante, l'Aobi, ha luogo prima dell'inizio dei lavori agrari, con cui si chiude bruscamente la stagione in cui gli Ao viaggiano, commerciano, ecc. La festa ha un netto carattere di purilicazione: un sacerdote va in giro di casa in casa con una cesta in cui ognuno depone un po' d'immondizia, augurandosi che “ ciò porti via ogni male ". Il sacerdote poi scarica la cesta in un fiume fuori dell'abitato, dove, del resto, ha luogo un sacrificio la cui vittima viene consumata sul posto; un bastone viene posto attraverso la strada che porta al villaggio e si crede che il primo straniero che si trovi a passare di là, porterà con sé tutta l'impurità espulsa dall'abitato.
Una terza grande festa, celebrata a turno dai villaggi dopo la fine dei lavori agrari, è iI Tsungremmung, cioè la festa dei tsungrem, un termine che provvisoriamente si può rendere con , spiriti', ma noi sappiamo già che con questa parola si indicano idee assai differenti. L'idea di tsungrem, stando alla nostra fonte, appare piuttosto vaga, come vaga è, in generale, l'idea del destinatario o dei destinatari dei più diversi atti sacrificali; i più importanti di questi vengono spesso introdotti da invocazioni rivolte al sole e alla luna, ai tsungrem e al tiya. Dal fatto che i riti agrari privati vengono dedicati agli antenati della famiglia, mentre quelli compiuti dal sacerdote agli ' spiriti' (tsungrem) del villaggio, si potrebbe dedurre un'affinità tra queste due collettività venerate (nel senso, p. es., che i tsungrem fossero gli antenati di tutto il villaggio). D'altra parte, tra i tsungrem anonimi spicca uno, concepito come il più grande di essi, con il nome personale di Lichaba che figura anche come creatore; egli occupa una posizione di rilievo nella festa Tsungremmung in cui si espongono per lui pezzi di carne di maiale nelle case che si trovano ai vari limiti del villaggio, con l'intenzione di farglieli trovare da dovunque egli voglia entrare, in quell'occasione, nell'abitato. Ora, quanto agli antenati, questi non hanno un culto molto appariscente presso gli Ao-Naga: eppure, da alcuni elementi della religione si può dedurre una certa importanza di questo culto. Il trattamento dei morti -che vengono esposti su piattaforme fuori dell'abitato e poi lasciati lì, indifferentemente, finché le piattaforme non crollano da sé -appare, presso gli Ao, come del resto in molte civiltà, di carattere contraddittorio: uno dei suoi scopi è chiaramente la eliminazione del morto; d'altra parte, sulla tomba del morto si espongono le teste cacciate da lui durante la vita e le immagini delle teste di mithan da lui sacrificati (le teste originali restano nella casa, perché servono anche ai discendenti); inoltre, in tempi passati (e nel periodo cui risale la monografia di Mills, solo in un villaggio), il cadavere veniva conservato, mediante affumicazione, fino al raccolto delle primizie successive al decesso -e in questo tratto, come nella celebrazione dei riti agrari privati in onore degli antenati, s'intravede il già segnalato nesso tra morte e fertilità agraria. Ma il fatto più importante, in questa connessione, è che in un'unica occasione annuale, e precisamente in quella del raccolto, si fanno offerte presso tutte le piattaforme mortuarie intorno al villaggio. Si hanno notizie, inoltre, di sacrifici pubblici in onore di qualche morto particolarmente importante, e gli Ao dicono che l'aren viene soprattutto dagli antenati. Può darsi che un complesso più o meno ben definito del culto degli antenati, presso gli Ao-Naga, sia stato assorbito dalla idea pIU generica dei tsungrem, che abbraccia insieme gli spiriti dei morti, altri spiriti e, infine, il ' più grande' di questi, il creatore.


Collana ornamentale Naga

I momenti salienti e critici della vita individuale degli Ao Naga sono contrassegnati da riti di passaggio. Per non ripetere i tratti più o meno comuni che questo tipo di rito ha nelle più varie religioni, si accennerà solo a qualche elemento particolare. Il giorno successivo alla nascita, il neonato, cui vengono perforate le orecchie, riceve un nome che è sempre quello di un antenato, ad esclusione dei nomi dati a bambini precedentemente morti, dei caduti in guerra e dei morti con morte apatia (v. sotto); ogni individuo ha più nomi, uno dei quali segreto per gli stranieri. Le iniziazioni, per i maschi, consistono nei sei anni passati nel morung; anticamente, l'assunzione al morung era condizionata a prove di resistenza e durante i primi tre anni i ragazzi dovevano subire molti maltrattamenti; per le femmine, il passaggio all'età adulta avviene mediante il tatuaggio che si completa in cinque operazioni separate l'una dall'altra da un anno di distanza; le operazioni vengono compiute da una tatuatrice specializzata, nella stagione invernale, fuori dell'abitato (nella giungla); conseguenza dell'iniziazione, anche per le femmine, è il riconoscimento del loro inserimento nella società, ma anche l'accettazione di determinati tabu alimentari definitivi che segnano il passaggio dalla libertà incondizionata dell'infanzia a un cosciente adattamento all'ordine disciplinato dell'esistenza sociale. Della morte si è già parlato, salvo della morte , cattiva " di ciò che gli Ao chiamano morte apotia. Questa è, per cosi dire, la morte' innaturale', causata cioè da incidenti (la fine degli annegati, caduti da alberi, morsicati da serpenti, divorati da belve, periti in incendio e, per le donne, anche la morte nel parto). La morte apotia porta in rovina tutta la famiglia che, dopo aver distrutto quanto possedeva e ucciso gli animali domestici, deve abbandonare casa e villaggio e ritirarsi nella giungla, dove, per un certo periodo, può vivere solo della carità di congiunti e amici; il morto stesso subisce una damnatio memoriae nel senso che il suo nome non verrà pronunciato (nemmeno -nel caso che egli abbia celebrato feste di merito nell'elenco di quegli antenati che un datore di festa di merito ricorda regolarmente come suoi predecessori nel celebrare la stessa solennità); la morte apatia, se prevista (per sogni o divinazione), può esser evitata mediante sacrifici. I sacrifici si susseguono anche in caso di malattia: è soprattutto in tale occasione che entra in scena lo stregone (maschio °femmina), una figura totalmente differente da quella del sacerdote, che, come si è visto, è eletto tra i consiglieri anziani, cioè è un funzionario addetto alle normali attività sacrali, quale rappresentante del gruppo. Lo stregone invece agisce solo in casi ' anormali ' come la malattia di cui deve determinare la causa e trovare la cura. Cause della malattia possono essere: un tsungrem che trattiene l'anima, i morti che cercano di attirare la persona nel loro mondo, la vendetta della selvaggina (cfr. popoli cacciatori!), certe parole casualmente pronunciate e magicamente efficaci, lo spirito personale dell'ammalato (v. sotto) e, infine, il tiya che sta per sacrificare il mithan celeste. È da sottolineare che in quest'ultimo caso, ma solo in questo, lo stregone Ao agisce come uno sciamano, cade in trance e compie un viaggio in cielo, che successivamente racconta con ogni dettaglio. Per il resto, lo stregone è chiaroveggente (individua i ladri, il luogo della refurtiva, ecc.), ma ha anche un carattere peculiare rispetto ai tipi di stregoni finora visti: egli è in un singolare rapporto di , identità' con una belva (tigre, leopardo): ciò che accade al suo' alter-ego' felino, accade anche allo stregone, e viceversa; se l'animale viene ferito, lo stregone riporterà una ferita identica; la morte dell'animale produce la morte dello stregone, a meno che questi, prevedendola, non faccia in tempo a trasferire la propria identità su un altro animale. Si è accennato allo c spirito personale " specie di genius, -tipo di esseri venerati assai diffuso, in molteplici varietà, nelle religioni delle civiltà primitive e di quelle superiori. Gli Ao-Naga conoscono e venerano uno spirito domestico cui si sacrifica solo al momento della costruzione della casa; ma una specie di culto domestico spetta anche allo spirito personale (kitsung) cui si sacrifica ogni tre anni presso il palo centrale della parete di fondo della casa. Quando però questo kitsung, malgrado il debito culto, si ostina a non proteggere l'individuo cui appartiene, questi può decidere di disfarsene: in tal caso egli andrà in giro per le strade, gridando: " vendesi kitsung, comprate, comprate! », per poi abbandonare il proprio spirito personale in una strada che porta in un altro villaggio, con la finzione che qualcuno di quel villaggio l'abbia comperato. I miti degli Ao-Naga non sono stati raccolti in maniera soddisfacente.
Alcuni di quelli annotati riguardano fatti cosmici, p. es. la troppa vicinanza, in origine, del cielo alla tetra: U bambino dell'eroe vuole giocare con la luna; l'eroe gliela vuoI prendere, ma allora la luna s'allontana; adirato, l'eroe le lancia contro dell'escremento di mithan, per cui la luna si allontana ancora di più, fino alla sua distanza attuale, ma porta le tracce dell'escremento -le caratteristiche macchie visibili sulla superficie lunare. Oppure: il sole, troppo vicino, scottava troppo; rimproverato di ciò si offende e si nasconde, non sorgendo più; allora, i personaggi mirici viventi in quell'epoca mandano da lui vari messaggeri -personaggi dai nomi d'animali per implorare che torni, ma il sole non cede. In ultimo ci va Gallo; anche a lui, il sole si rifiuta di tornare; ma Gallo, raccontando di un feroce gatto selvatico che renderebbe pericoloso il suo ritorno, impietosisce Sole, ottenendo la promessa che, in caso di pericolo, Sole accorrerà in suo aiuto. Su11a via del ritorno, Gallo finge di essere aggredito, grida, e Sole esce dal proprio nascondiglio: da allota, il canto del gallo è regolarmente seguito dal sorgere del sole. Altri miti riguardano l'origine del popolo; vi sono miti dell'emersione della umanità dalla terra; l'ordine in cui i vari gruppi emergono, determina la loro posizione nella società Ao: gli ultimi ad emergere c a sovrapporsi sugli altri sono i Chongli che, infatti, hanno una posizione privilegiata dal punto di vista religioso. Secondo un altro mito, c'erano una volta tre fratelli; il maggiore dormiva sotto una coperta, i due minori sotto un'altra; ma una notte il più piccolo scappa, portando via la coperta destinata ai due: da allora gli Ao Naga (discendenti del fratello maggiore) hanno le vesti necessarie, gli Assamesi (discendenti del più piccolo) hanno una sovrabbondanza di vestiario, mentre i Konyak Naga (discendenti del fratello derubato) vanno in giro nudi.



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I VENDA

I Venda o Ba-Venda (dove Ba è semplicemente prefisso che indica il plurale) sono un popolo africano ed è perciò opportuno, per evitare malintesi, rilevare che il continente africano avrebbe potuto offrire da solo esempi per ogni tipo, largamente inteso, di civiltà: in Africa, infatti, vi sono popoli cacciatori e raccoglitori, come i Pigmei della Foresta equatoriale, i Boscimani del Sud (p. es., deserto di Kalahari), -popolazioni non negre, di caratteristica statura bassa -e i Dama, negroidi, del sudest africano; tra i popoli coltivatori vi è una larghissima gamma di varietà, da forme culturali modeste fin quasi sulla soglia delle civiltà superiori, sfiorata dai popoli della costa di Guinea; anche popoli prevalentemente allevatori si trovano su vari livelli, dai primitivi Ottentotti e Herero, attraverso alcuni popoli nilotici ed etiopici (Galla), fino ai beduini del nord.
I Venda (Transvaal) sono un grosso popolo, di circa 150.000 anime nel 1931 (anno cui risale la monografia di H . A. Stayt), confinante a nord con i Shona, a est e sud-est con i Thonga, a ovest e sud-ovest con i Sotho. È un popolo, del resto, composito, sorto da due ondate di invasori e da un popolo autoctono, Ngona, tre elementi etnici che tuttora si distinguono tra di loro, sebbene gli autoctoni siano stati assorbiti dagli altri, ad eccezione di alcune famiglie sacerdotali che hanno la particolare funzione di placare, per conto degli invasori, gli spiriti dei Ngona vinti e spodestati nella loro terra. La seconda ondata di invasione è avvenuta tra il 17° e il 18° secolo. I Venda hanno difeso a lungo la loro indipendenza, respingendo anche le missioni fino al 1872; solo nel 1899 sono stati definitivamente sottomessi. I Venda vivono soprattutto della coltivazione del granoturco (pianta proveniente dall'America, ma diffusa da secoli in Africa) e del miglio, ma coltivano anche altri prodotti vegetali (patate dolci, fagioli, zucca, melone, ecc.) ed hanno anche un notevole allevamento di bovini (oltre che di pecore, capre, maiali e, più recentemente, cavalli e muli); alcune forme di quest'allevamento di bovini hanno suggerito l'ipotesi che gli invasori, al momento del loro arrivo, fossero esclusivamente allevatori; come, infatti, tra i popoli prevalentemente allevatori dell'Africa (v. più sotto, i Nuer), presso i Venda i singoli capi di bestiame bovino sono noti per nome e caratteristiche, la divisione di un bovino ucciso avviene secondo norme precise (una gamba posteriore al capo, e poi ogni singolo pezzo a un determinato parente). La caccia ha poca importanza economica. L'artigianato è affidato quasi esclusivamente a un popolo _ i Lemba -che vive in simbiosi con i Venda. Il commercio, a parte il baratto tra manufatti e viveri, oggi si svolge soprattutto attraverso i magazzini europei. Al centro dell'organizzazione sociale sta il capo: qui, per la prima volta incontriamo una società organizzata in forma monarchica (il capo che abbiamo trovato presso i Wintu, è una figura incomparabilmente più modesta e si distingue poco da ciò che anche in altre società persone di particolare prestigio possono rappresentare). Il capo Venda ha una sua corte vera e propria e una specie di ( ministero' (persone distinte addette a funzioni distinte come l'amministrazione della giustizia, l'approvvigionamento della (capitale', riscossione delle tasse, cerimoniale, ecc.). Da aggiungere, che nell'organizzazione verticale della società alla posizione del capo corrisponde, su scala limitata, quella dei sotto-capi (di distretti) e, in un certo senso, anche quella dei capi di singoli lignaggi oltre che in lignaggi di discendenza sia patrilinea che matrilinea, la società si articola in quelle più grosse unità che con termine inglese si designano come sib (ted. Sippe) e che si richiamano a un comune antenato (per lo più chiaramente mitico), osservano tabu particolari e hanno, ciascuna, proprie formule di glorificazione. Qualche parola anche sul rapporto tra i sessi: presso i Venda vige la poliginia, la moglie si acquista con un grosso lobola (termine zulu entrato nell'uso etnologico per designare il ‘prezzo' -normalmente in bestiame, ma anche in altri beni -che l'uomo deve versare alla famiglia della donna per averla in moglie); teoricamente, la donna è agli ordini del marito, ma in pratica il suo trattamento non è dei peggiori; ogni moglie ha la propria casa e il proprio orto e, perciò, anche un margine di libertà. (Il matrimonio è, di regola, combinato; l'eccezione, seppure frequente, è il ratto della ragazza, che, tuttavia, successivamente viene regolato con il versamento del lobola).


Tipico villaggio Venda

La religione. -La posizione del capo presso i Venda è un esempio tipico della (regalità sacra' a livello etnologico. Il capo o re dei Venda, infatti, non è soltanto dal punto di vista politico al vertice della società: anzi, al governo effettivo del popolo provvedono più direttamente la corte e i ( ministri ', mentre l'attività principale del re' è, come si direbbe oggi, puramente rappresentativa: essa consiste nel mangiare e bere con gli ospiti. Tali pasti si svolgono secondo un cerimoniale elaborato e in un'atmosfera di esaltazione dovuta alle continue acclamazioni rivolte al capo. Parlando del capo, anche nella vira quotidiana, si adopera un linguaggio speciale, in quanto ogni termine comune viene sostituito da un altro: così, p . es., la sua casa non viene detta 'casa', bensì 'coccodrillo'; il suo cibo , ragnatela " la sua coppa ' ombra '; per dire che egli è ammalato, si dice che è ' caldo '; quando egli mangia, si dice che ' lavora ' e cosi via per ogni singola cosa o azione. Ciò sottolinea la diversità del piano d'esistenza su cui si trova il capo da quello dei comuni mortali. Tutte le donne gli si rivolgono con l'invocazione: ' sposo mio! " dal che si crede di dedurre che anticamente il capo disponeva di tutte le donne del suo popolo; ad ogni modo, egli ha più di cento mogli collocate in diversi villaggi. Per il capo non vale la legge dell'exogamia, anzi, la sua prima moglie è, di regola, una stretta parente (cugina o nipote di primo grado) e il suo successore viene scelto di preferenza tra i figli di questa moglie. La scelta del successore è affidata alla sorella e al fratello del capo; perciò questi personaggi, e soprattutto la sorella (makhadzi ) del capo precedente hanno una posizione preminente nella corte: la makhadzi è l'unica donna Venda davanti alla quale perfino gli uomini s'inginocchiano (mentre normalmente sono le donne ad inginocchiarsi davanti agli uomini). La morte del capo viene tenuta lungamente in segreto (a volte anche per un anno): ne sanno solo il guaritore che lo curava, la sorella e il fratello principali, e alcuni funzionari. Il segreto viene poi sciolto mediante una convocazione del popolo, in cui si proclama il successore; tutti ì fuochi del paese vengono spenti e quello del focolare della casa del capo viene riacceso ritualmente: da esso prendere fuoco nuovo -quasi a sottolineare contemporaneamente l'inizio di una nuova èra e la dipendenza di tutto il popolo dal capo ogni famiglìa. Già le regole della successione mostrano cbe il capo deriva la propria posizione sarrale dalla sua ascendenza, dall'essere nato dal matrimonio endogamo deI padre; e il grande rilievo dato alla morte di un capo riflette la idea che questa morte è significativa, in quanto con essa il capo passa in una nuova sfera dell'esistenza: infatti, gli antenati del capo hanno un culto pubblico. Il culto degli antenati del capo costituisce, però, solo un caso particolare del culto degli antenati in generale, che è al centro della religione Venda. Ciò non significa che i Venda non abbiano anche altre idee e pratiche religiose. Anch'essi credono in diversi ‘spiriti ' che non sono affatto considerati come antenati, né hanno legami con particolari lignaggi: è interessante, p. es., la credenza in esseri mostruosi che basta incontrare per morire; caratteristicamente, si tratta di ‘mezzi uomini ' o addirittura di esseri consistenti in una sola gamba o in un solo braccio o in un solo occhio. Ma oltre a queste impressionanti proiezioni dell'angoscia della disintegrazione, i Venda conoscono e venerano un Essere supremo, di nome Raluvhimba, cui si attribuiscono caratteri uranici (egli si manifesta nelle stelle cadenti, nel tuono, nel fulmine) e meteorici (siccità, terremoto); è ritenuto anche creatore; tutti questi caratteri che sono comuni a numerosi esseri supremi africani, restano, però, in secondo piano rispetto alle funzioni principali di Raluvhimba, che sono quelle, tra di esse collegate, di datore di oracoli e di pioggia. In un tempo, secondo i Venda, l'Essere supremo appariva al re sulla cima di un monte per annunciargli la pioggia.


Bastoni Venda

La posizione centrale del culto degli antenati è assicurata dal fatto che esso è, come si vedrà, saldamente ancorato nell'attività economica principale, l'agricoltura. Sarebbe errato voler indagare che cosa i Venda' pensino ' o ' credano' intorno all'esistenza degli antenati; a noi sembra logico che per venerare gli antenati si debba esser convinti che essi esistano, dopo ]a morte, come esseri immortali, ma i Venda non sembrano porsi problemi del genere; per loro l'impattante è il culto degli antenati -il rapporto e non l'esistenza obiettiva -in cui possa concretarsi l'unità e la continuità del lignaggio. A c far esistere' gli antenati, i Venda trovano vari modi: nei lignaggi importanti un toro nero incarna la totalità degli antenati della linea paterna; gli è associata una vacca particolare; quando il toro diventa troppo vecchio, lo si uccide e lo si sostituisce con un altro che avrà la medesima funzione; per la linea materna, una capra assume la stessa posizione. Nelle famiglie povere due pietre -una ' maschio' e una 'femmina' -rispondono allo stesso bisognò. Ma accanto alla collettività degli antenati, anche i singoli morti della famiglia sono resi presenti e precisamente ciascun maschio da una lancia e ciascuna donna da una ' zappa' (che, in realtà, è solo un anello fatto dal metallo della zappa che la donna adoperava): questi oggetti che sono i singoli morti, vengono ritualmente inaugurati; si tratta di un rito di ' aggregazione' della lancia o ' zappa' nuova alla massa degli oggetti simili già consacrati, rito che il figlio maggiore della moglie principale del capo-lignaggio compie normalmente non prima che qualche incidente o inconveniente verificatosi ne dimostri la necessità; il rito consiste in un un'invocazione solenne e in una libagione di ' birra'. Oltre al toro (e capra) o pietra e oltre alle lance (e ' zappe ') che sono la collettività degli antenati e i singoli antenati, la venerazione degli antenati si estende, in una certa misura, su tutti gli oggetti adoperati, durante la vita, da coloro che sono considerati come antenati. Tutto il ben'e e tutto il male procede dagli antenati. In caso di ogni disgrazia si consulta uno ' stregone' che deve decidere se essa provenga da un antenato, da quale degli antenati e in che modo questo antenato possa esser placato. Il rito, poi, per placarlo, è affidato alla' makhadzi ' del lignaggio (sorella del capo-lignaggio). Ora, se un antenato si dimostra malevolo malgrado ogni dovuto trattamento rituale, si dichiara che egli è un muloi (stregone nero): la sua lancia (o ' zappa ') viene legata, insieme con una grossa pietra, a una capra nera che viene buttata' nell'acqua.


Alcuni esempi di arte Venda

I riti agrari tra cui spiccano per importanza quelli della semina e quelli del raccolto, gettano luce sia sulla funzione principale degli antenati, sia sulla posizione del capo e sul sistema sociale in generale. Prima di procedere alla semina, ognuno porta o manda un pugno di sementi varie al capo del lignaggio che le mescola con quelle degli altri. Di questi semi mescolati si prepara un cibo sacro -una specie di panspermia) per dirlo con un termine religioso greco --che serve da offerta su cui la makhadzi compie un rito particolare, pronunciando una preghiera del seguente tenore: «ecco il vostro cibo, antenati nostri; noi vi diamo di ogni specie di semi. Dateci pienezza di raccolti e prosperità nella stagione seguente". Il rito che si svolge nel 'campo del capo, è esattamente uguale, con la differenza che vi partecipa, almeno teoricamente, l'intera comunità. Grandi folle raggiungono il campo del capo; strada facendo, le ragazze raccolgono legna e acqua per cuocere l'offerta, mentre con delle verghe frustano simbolicamente chiunque incontrino. Quanto al raccolto, è il capo che deve annunciarne il momento: chiunque procedesse all'operazione prima di questo annuncio, verrebbe soppresso. Anzitutto, il capo celebra il proprio rito privato, dopo di che tutti possono partecipare a un rito pubblico celebrato nel campo del capo; inoltre ogni lignaggio celebra il proprio rito collettivo nel campo del capo del lignaggio. I riti preliminari della festa pubblica consistono in un'offerta di una specie di canna da zucchero agli animali sacri e nella preparazione della' birra', compiuta da donne nude con l'esclusione rigorosa degli uomini. I giovani della comunità eseguono una danza sacra. Il toro sacro e la sua vacca vengono fatti entrare nel cortile del capo e cosparsi di birra, mentre la makhadzi rivolge una preghiera agli antenati, in cui l'idea fondamentale di ogni offerta primiziale viene' espressa nuda e cruda: " vi dò i primi grani dell'anno, mangiate e state bene; ma ciò che è ancora nei campi, lasciatelo a noi". In questa preghiera, la makhadzi enumera tutti gli antenati di cui si ricordano ancora i nomi, ma si premura di aggiungere che l'offerta è anche per quegli antenati di cui non si conosce più il nome. Dopo questo rito primiziale si visitano le tombe e i luoghi sacri in cui si crede abitino gli spiriti dei morti; e poiché si ritiene che certi morti si trasformino in animali (leopardi, serpenti, ecc.), si visitano anche i luoghi frequentati da questi animali e vi si lasciano delle offerte. Gli antenati sono, dunque, per i Venda, sia negli animali sacri che ne incarnano la collettività, sia nelle singole lance e 'zappe', sia nelle tombe, sia, eventualmente, in certi animali; ma sono anche nei vivi: infatti, nel rito dell'imposizione del nome a un neonato, rito compiuto dalla sorella del padre (' makhadzi ' della famiglia! ), l'antenato di cui si sceglie il nome viene formalmente invitato a vivere nel neonato. (A proposito della nascita: i Venda eliminano i gemelli, e precisamente tutti e due, mentre altri popoli bantu solo uno dei due; un trattamento particolare dei gemelli -in cui si vede qualcosa di anormale, prodigioso e perciò pericoloso o sacro -è diffuso presso moltissimi popoli del mondo e ha riflessi anche nelle religioni delle civiltà superiori: p. es. nelle divinità gemelle come gli Asvin vedici e i Dioscuri greci; con questi ultimi che hanno sorti differenti -uno mortale, l'altro immortale, -cfr. anche Romolo e Remo nella leggenda romana).
Le iniziazioni, presso i Venda, meritano un'illustrazione piuttosto lunga, in quanto mostrano un processo storico in atto, dato che un rituale d'origine straniera sta prendendo il posto di un altro che, presso questo popolo, appare più antico. il rituale importato è quello comune agli attuali vicini dei Venda, in particolare ai Thonga e ai Sotho: è un'iniziazione imperniata sulla circoncisione. il murundu si celebra circa ogni 5 anni, sempre che vi sia un figlio del capo, giunto all'età richiesta che oggi è quella di 10-11 anni circa. Dura tre mesi ed ha luogo nella stagione invernale. Si costruisce un campo recintato con due ingressi separati (uno per gli iniziandi, l'altro per il personale addetto al rituale), con tre gruppi di capanne all'interno (uno per gli anziani, uno per gli iniziati del turno precedente, uno per gli iniziandi). La circoncisione avviene prima dell'entrata nella segregazione; poi, i corpi dei ragazzi vengono pitturati. La vita nella segregazione è monotona: per molte ore al giorno i ragazzi stanno seduti presso un lungo. focolare, con un fianco verso il fuoco (essi cambieranno posizione solo nell'ultimo dei tre mesi, voltando verso il fuoco l'altro fianco); giornalmente escono a spedizioni di caccia nel bosco, allontanando con grida le donne che eventualmente si trovassero a passare nelle vicinanze. Imparano soprattutto numerose formule segrete che più tardi serviranno loro anche da formule di riconoscimento, perché un iniziato del murundu, se potrà dimostrare questa sua qualità, troverà ospitalità presso tutti gli altri uomini che abbiano subito lo stesso tipo d'iniziazione.


Ragazzi Venda vestiti per l'iniziazione

Nel terzo mese si erige un palo nel recinto, che viene chiamato ’il nonno ' ; intorno ad esso si danza e dalla cima di esso si fanno discorsi esortativi; gli iniziati del turno precedente fanno risuonare i rombi. La severa disciplina nel campo (p. es. la proibizione del bere e le pene corporali inflitte agli iniziandi per ogni minimo motivo e anche senza motivo) si rallenta nel terzo mese, alla fine del quale le capanne vengono incendiate e i neo-iniziati ne fuggono senza voltarsi indietro. Dopo un rito di purificazione presso un nume e il taglio dei capelli, i ragazzi tornano in processione nel villaggio, dove le madri devono riconoscerli. Essi assumono un nuovo nome e, per un periodo, prestano lavoro per il capo. Questo sistema iniziatico (ch~ ha il suo corrispondente per le ragazze in un rito affine e basato sulla c1itoridectomia) fu introdotto presso i Venda verso il 1870 e si è diffuso soprattutto dai primi anni di questo secolo in poi: i suoi sostenitori ricorrono anche alla violenza per diffonderlo: i ragazzi circoncisi spesso catturano altri e li costringono a subire il rito. Tuttavia, si pratica ancora anche il tipo d'iniziazione che, prima del diffondersi del murundu, era l'unico conosciuto dai Venda. Esso si fonda sull'istituzione del thondo che è una specie di scuola che esiste in ogni villaggio in cui risieda un capo. Questo tipo d'iniziazione risponde. meglio alle tradizionali forme dell'esistenza Venda, in cui i ragazzi sin da una tenera età svolgono attività utili, di modo che il loro passaggio alla posizione dell'adulto è piuttosto graduale: dall'età di 4-5 anni i bambini portano al pascolo le capre, dagli 8-9 anni in poi anche i bovini. In luogo, dunque, della drammatica rottura con cui il murundu e la circoncisione trasformano i ragazzi in adulti, l'iniziazione di tipo vecchio prevede lunghi anni di frequentazione del thondo in cui i ragazzi, a cominciare dall'età di 7-8 anni, si recano ogni sera dopo il loro lavoro quotidiano. Qui ricevono, sotto la sorveglianza di un apposito consigliere del capo, un'educazione improntata alla disciplina militare e un'istruzione adatta a futuri guerrieri. Essi vengono spinti a compiere razzie, rubando capre, legna e qualsiasi cosa che possa servire al thondo. Tuttavia, non si tratta solo di un addestramento profano alla vita militare, come appare da certi elementi: intanto, il segreto, tipicamente iniziatico, imposto anche a chi partecipi alla costruzione del thondo e obbligatorio sotto pena di morte per gli iniziandi (ai bambini più piccoli si fa credere che nel tbondo viva un leone che ucciderebbe ogni intruso), rivela il carattere religioso dell'istituzione; in secondo luogo, l'istruzione impartita nel thondo riguarda, per una parte preminente, le danze rituali; inoltre, anche la disciplina è tutt'altro che razionale, dato che le fustigazioni collettive prescindono da ogni motivo di trasgressione. Il ragazzo smette di frequentare il thondo al momento in cui si verifica il primo indubbio segno fisiologico della raggiunta pubertà (eiaculazione notturna): allora, ma preferibilmente quando vi sono già diversi ragazzi che si trovano nella stessa condizione, egli subisce, insieme con questi altri, il rito del ' lavar via l'infanzia'; preceduto da danze che durano alcune notti e dall'acquisto o furto di capre, polli e legna, il rito consiste nel cacciare gli iniziandi in un corso di acqua gelido; lo fanno gli iniziati giovani che poi, mentre i ragazzi per ore soffrono nell'acqua, mangiano la roba procurata dalle loro vittime che essi scherniscono in tutte le maniere. Questo crudele rito si ripete per sei giorni successivi, durante i quali i ragazzi non devono nemmeno dormire. Ma, finito questo periodo, essi assumono un nuovo nome, formano una classe d'età che, in guerra, costituirà un reparto, ed hanno il permesso di divertirsi con le ragazze (senza, tuttavia, ingravidarle).


Ragazze Venda alla scuola d'iniziazione

Anche al sistema iniziatico del thondo corrisponde un sistema di iniziazioni femminili ; quando almeno 2-3 ragazze abbiano avuto la loro prima mestruazione, tutte le donne le accompagnano nel campo del capo. Il rito si svolge con l'esclusione degli uomini; le adulte e le iniziande vi partecipano nude. Ogni mattina le lniziande devono far lunghe immersioni nell'acqua di un fiume. Ricevono istruzioni riguardanti le norme tribali, le danze e la vita sessuale (con particolare riguardo al modo di evitare di aver figli prima di sposare). Durante i sei giorni di questo rito e poi ancora per un certo tempo, le ragazze devono conservare una certa posizione del corpo, esprimente umiltà e sottomissione. Dopo i sei giorni esse tornano nel villaggio di provenienza, ricevono regali, ma restano soggette a tabu gravosi. Dopo altri sci giorni comincia per loro il periodo del libero amore in cui possono avere un amante pubblicamente riconosciuto (anche se hanno già il fidanzato ufficiale). Alle iniziazioni maschili e femminili di questo tipo si aggiunge poi una singolare' iniziazione ' al matrimonio, cui partecipano gli iniziati recenti di ambo i sessi e che dura diversi mesi, caratterizzata da un linguaggio particolare, dall'insegnamento di danze e da molte esibizioni di simboli e rappresentazioni sceniche simboliche.
Con qualche accenno alla magia possiamo concludere la breve sintesi della religione Venda. Le 'professioni' magiche sono qui notevolmente specializzate: vi è p. es. un tipo di , veggente' il cui unico compito è di individuare lo stregone nero (maschio o femmina) che ha causato una morte; egli adopera dadi e astragali con l'aiuto dei quali stabilisce il sib dello stregone, quello di sua madre e quello di sua nonna materna; in base a questi dati il capo non avrà difficoltà ad individuare il colpevole; se questi nega, viene sottoposto a un'ordalia; non è escluso, del resto, neanche un appello a un altro veggente. Vi sono poi i guaritori, anche specializzati -non meno dei nostri medici, secondo Stayt. Vi è, infatti, il ' medico generale ' che normalmente si limita alla diagnosi, per indicare poi lo , specialista' adatto al caso. Ma le specializzazioni degli stregoni bianchi non sono solo mediche: vi è il . consacratore ' (di armi, di focolari nuovi, ecc.), il portatore di fertilità, il facitore di pioggia, ecc. (Quest'ultimo è raro, perché normalmente bastano i riti regolari ad assicurare la pioggia: in casi eccezionali di siccità si ricorre a qualche celebre specialista che, sudando, produce il vapore da cui si formeranno le nuvole, mentre le gocce deI suo sudore provocheranno la pioggia). Gli stregoni neri -tra cui prevalgono le femmine -sono, bensì, persone reali che, una volta identificate, subiscono condanne spietate; tuttavia, quanto i Venda attribuiscono loro, li fa apparire come esseri fantastici; di notte volano o viaggiano in forme di animali, mangiano carne umana, succhiano il sangue alle loro vittime, svuotano del latte le mammelle delle mucche, ecc. L'attribuzione di simili capacità fantastiche agli stregoni e streghe, che fa quasi confondere con certi tipi di 'spiriti nocivi, è caratteristica di larghe zone dell' Africa nera, ma non è priva di corrispondenze neanche nelle credenze popolari europee che, anzi, per diversi secoli e fino a meno di due secoli fa, sono state accolte e alimentate anche dalla cultura superiore(p. es. dalla Chiesa).


Statuetta Venda
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