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La chiesa Valdese sull'ecumenismo

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2008 21:32
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Documento della Chiesa Valdese sull'Ecumenismo




(78/SI/1982)

Il Sinodo, dopo aver esaminato il documento sull'ecumenismo predisposto dalla Commissione consultiva per le relazioni ecumeniche, emendato in base ai contributi pervenuti dalle chiese nel corso dell'anno 1981- 82 ed alle osservazioni emerse dal dibattito sinodale, lo approva e lo invia alle chiese come orientamento per la loro attività ecumenica.

1. Le chiese valdesi e metodiste hanno ripetutamente affermato la loro volontà ecumenica, esprimendola sia con l'adesione al Consiglio Ecumenico delle Chiese, alla Conferenza delle Chiese Europee e ad altri organismi interconfessionali, sia con la partecipazione a varie iniziative ecumeniche a livello nazionale e internazionale.

Questa volontà ecumenica, ribadita in varie occasioni - benché la sua pratica non sia stata priva di ritardi, incoerenze, esitazioni e timori - viene oggi riaffermata dalle nostre chiese.

6.9. Notevoli differenze tra cattolicesimo romano e protestantesimo esistono sul piano dell'etica. Esse riguardano non soltanto la diversità delle indicazioni date sui terni dell'etica sessuale, coniugale e familiare e di quelle relative all'etica sociale, politica e professionale, ma gli stessi criteri in base ai quali il cristiano giunge alla scelta etica.

Mentre l'etica cattolica è fondamentalmente un'etica dell'ubbidienza alle indicazioni del magistero che interpreta una legge immutabile iscritta nella natura e nel dogma, quella protestante è fondamentalmente un'etica della libertà nella responsabilità, nel quadro della chiamata a tradurre nell'oggi l'appello evangelico alla vita nuova.

Tali orientamenti di fondo non esauriscono tuttavia la complessità dell'attuale situazione etica nelle diverse confessioni, tanto più che i vari contesti sociali e culturali in cui tutte le chiese si trovano ad operare e il loro diverso rapporto con la società civile condizionano in misura talvolta rilevante i loro comportamenti concreti.

A questo proposito va rilevato come in larghi settori del cristianesimo contemporaneo regni da un lato un diffuso conformismo e, dall'altro - specialmente nelle generazioni più giovani - una perdita di punti di riferimento e di criteri orientativi delle scelte etiche. Ne consegue l'urgenza, largamente condivisa, di rifondare il discorso etico cristiano nelle sue premesse e nei suoi contenuti.

Si può infine constatare che in anni recenti si sono verificate nella riflessione etica convergenze significative, sia sul piano dell'etica personale, sia nel modo di affrontare problemi di interesse generale come quello della pace, della corsa agli armamenti, dei rapporti tra paesi industrializzati e paesi cosiddetti "in via di sviluppo".

Permane tuttavia una divergenza di fondo: la fonte immediata della norma etica per il cattolico rimane sempre il magistero della Chiesa, pur con i suoi adattamenti storici, mentre per il protestante tale fonte è l'Evangelo della grazia che illumina la coscienza.

6.10. Un motivo di divergenza, che non è strettamente teologico ma ha rilevanza teologica, è costituito in Italia da quel complesso intreccio di fattori di varia natura (religiosi, tradizionali, politici e culturali) che si suole indicare con l'espressione "cultura cattolica". Questa realtà, che pesa fortemente sulla vita del nostro Paese, si contrappone a una visione laica della società civile, propria del protestantesimo, e mantiene in vita quell'insieme di rapporti tra chiesa e Stato che si esprime nel sistema concordatario.

6.11. L'ecumenismo cattolico ufficiale si è mosso in questi ultimi decenni su due direttrici:

a) la politica ecumenica vaticana ha privilegiato i rapporti bilaterali con le singole chiese;
b) il pontefice romano si è riproposto come "pastore ecumenico" in vista di una unità di tutte le Chiese imperniata su Roma.

La prima tende ad assumere come misura del dialogo ecumenico la distanza da Roma delle singole confessioni, introducendo un criterio estraneo alla coscienza che le Chiese hanno della propria identità, e ignorando la comunione di fede che tali Chiese hanno stabilito nel movimento ecumenico e nel Consiglio Ecumenico delle Chiese.

La seconda gioca sull'equivoco - non sempre chiaramente riconosciuto - tra l'esigenza di una rappresentanza simbolica visibile dell'unione tra le chiese, e la concezione di un papato come esercizio di un potere reale di giurisdizione su tutta la chiesa (e in prospettiva sulla futura chiesa unita), come è stato chiaramente riaffermato di recente dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, a commento del documento della Commissione mista cattolici-anglicani (ARCIC).

Finché questa volontà egemonica di Roma non sarà superata, la coscienza unitaria fra le Chiese potrà ben difficilmente progredire e l'ecumenismo con la Chiesa cattolica romana resterà come paralizzato.

Quanto a noi, continuiamo a ritenere che il papato, chiunque lo eserciti, rimanga un ostacolo insormontabile sulla via dell'unità cristiana, in quanto è la chiave di volta di una concezione gerarchica e piramidale della chiesa che a noi pare in contrasto palese con le indicazioni che l'Evangelo dà sulla chiesa: un'assemblea di credenti in cui i ministeri non creano gerarchie ma le smantellano e la signoria di Cristo non suscita primati ma solo fraternità.

6.12. Vi sono nei rapporti tra le chiese alcuni nodi che rivelano più e meglio di altri qual è il livello di ecumenismo raggiunto nei rapporti reciproci. Uno di questi test è la questione dei matrimoni interconfessionali. La legislazione canonica cattolica, tuttora vigente nel nostro paese, oltre a imporre molti pesi alla coscienza della parte cattolica, continua a negare valore a un matrimonio interconfessionale contratto davanti a un ministro evangelico o in sede civile, e a ritenere sempre obbligatoria la dispensa del vescovo. Finché la chiesa cattolica continuerà a considerare la fede evangelica come un "impedimento" al legittimo costituirsi di un matrimonio fra cristiani, la sua credibilità ecumenica rimarrà fortemente discutibile. Consideriamo la questione dei matrimoni misti come un test fondamentale. Se non si riesce a impostare ecumenicamente questa questione, non se ne potranno risolvere ecumenicamente altre.

6.13. Considerando la situazione minoritaria del protestantesimo in Italia, è stata posta la questione se esso non debba storicamente considerarsi come un fenomeno di "dissenso" del cattolicesimo italiano.

Malgrado la nostra esiguità numerica e, soprattutto, le difficoltà che incontriamo a realizzare con piena fedeltà la nostra vocazione, riteniamo che, come nei secoli passati, anche oggi Dio ci chiami a essere e presentarci come chiesa - sia pure in forma di diaspora, come lo era del resto la cristianità primitiva - con tutto il peso storico, teologico e vocazionale che questo termine implica; e cioè come una delle espressioni della chiesa di Dio nel mondo, quindi come una sua comunità, della cui esistenza dobbiamo rendere conto a lui, prima che ad altri o a noi stessi.

Soltanto in questo modo potremo servire in qualche misura al rinnovamento della testimonianza cristiana in mezzo al nostro popolo.

L'obiettivo ecumenico

7. L'obiettivo che le chiese si sono prefisse con il dibattito sull'ecumenismo e sui rapporti con il cattolicesimo romano è quello di ridefinire la loro linea ecumenica, dato che l'ecumenismo costituisce senza dubbio un aspetto importante della loro vocazione nel tempo presente.

7.1. Il problema ecumenico di fondo è sapere se le differenze esistenti oggi fra le diverse confessioni e denominazioni cristiane possono essere non già appianate del tutto, ma almeno ricondotte alle proporzioni di un dissenso compatibile con una coscienza unitaria ecumenica che tragga dall'Evangelo la sua ispirazione e la sua norma, e conduca a una presa di coscienza rinnovata, anche se differenziata, della responsabilità comune di annuncio e di servizio nel mondo e per il mondo. Si potrebbe così giungere a una situazione ecumenica analoga a quella documentata nel Nuovo Testamento, in cui differenze anche profonde non sembrano avere impedito alle diverse componenti della prima chiesa cristiana (o ai diversi tipi di cristianesimo che si rispecchiano nel Nuovo Testamento) di darsi la "mano fraterna di associazione" (Gai. 2 9). A questo proposito, sarà bene ricordare che la coscienza unitaria nel 'cristianesimo apostolico poté essere mantenuta pérché non v'era allora un potere centrale che si ponesse come perno istituzionale e dottrinale dell'unità.

7.2. Lo Spirito soffia dove vuole e l'Evangelo non è incatenato: esso è realmente all'opera in tutte le confessioni (ed anche fuori). Questo dato di fatto, elementare ma fondamentale, rende il dialogo ecumenico non solo possibile ma necessario, ed è la ragione vera della speranza ecumenica.

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