Riporto un brano inserito da Daniele
OMELIA 20
Perfetta unità della Trinità.
Essendo la Trinità un solo Dio, tutte le opere dell'unico Dio sono ugualmente del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
1. Le parole del Signore nostro Gesù Cristo, soprattutto quelle riferite dall'evangelista Giovanni [il quale stava appoggiato sul petto del Signore (cf. Gv 13, 23) proprio per attingere i segreti della sua arcana sapienza e trasmettere mediante il Vangelo ciò che col suo cuore innamorato aveva attinto], sono così profonde e così dense di contenuto, che turbano quanti sono sviati mentre impegnano i retti di cuore. Perciò la vostra Carità concentri l'attenzione su queste poche parole che sono state lette. Vediamo per quanto è possibile, con l'aiuto e il favore di colui stesso che ha voluto fossero a noi trasmesse le sue parole - che allora furono udite e trascritte perché adesso si leggessero -, qual è il senso di ciò che avete appena ascoltato: In verità, in verità vi dico: il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre; poiché quanto questi fa, il Figlio similmente lo fa (Gv 5, 19).
2. Ricorderete, dalla precedente lettura, che l'occasione di questo discorso fu la guarigione, compiuta dal Signore, di uno di quelli che giacevano nei cinque portici della piscina di Salomone. A quel paralitico il Signore aveva detto: Prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua. Siccome questo miracolo lo aveva compiuto di sabato, per questo i Giudei, furenti, lo accusavano come eversore e prevaricatore della legge. Fu allora che Gesù dichiarò: Il mio Padre continua ad agire ed anch'io agisco (Gv 5, 8 17; Mc 2, 11). Essi, infatti, intendendo materialmente l'osservanza del sabato, pensavano che Dio, dopo la fatica della creazione del mondo, si fosse come addormentato fino al presente, e avesse consacrato questo giorno perché in esso aveva cominciato a riposare dalla sua fatica. In realtà esiste un mistero del sabato prescritto ai nostri padri antichi (Es 20, 8-11), che noi cristiani osserviamo spiritualmente astenendoci da ogni opera servile, cioè da ogni peccato [dice infatti il Signore che chi commette peccato è servo del peccato (Gv 8, 34)], raggiungendo la quiete del cuore, cioè la tranquillità spirituale. Ma per quanti sforzi facciamo, non arriveremo al riposo perfetto in questo mondo, ma solo quando saremo usciti da questa vita. Pertanto si dice che Dio il sabato si riposò nel senso che, dopo che tutto fu compiuto, non doveva più creare nulla. La Scrittura parla di riposo per farci intendere che solo dopo aver compiuto le opere buone, potremo riposarci. Così sta scritto nella Genesi: E Dio fece tutte le cose molto buone; e nel settimo giorno Dio si riposò (Gn 1, 31; 2, 2), affinché a tua volta, o uomo, considerando che Dio si riposò dopo le opere buone, non abbia a sperare per te riposo se non quando avrai compiuto opere buone. E come Dio dopo aver fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza nel sesto giorno, e compiute in quel giorno tutte le sue opere assai buone, nel settimo giorno si riposò, così a tua volta non dovrai per te sperare riposo se non quando sarai tornato nella somiglianza in cui sei stato fatto e che hai perduto peccando. In verità non si può dire che Dio lavorò, poiché egli disse e le cose furono fatte. Chi è che dopo un'impresa così facile, sente il bisogno di riposare come dopo una fatica? Perché, se avesse comandato e qualcuno gli avesse opposto resistenza, se il suo comando non fosse stato eseguito e avesse dovuto faticare per portare a compimento l'opera sua, con ragione si potrebbe dire che si riposò dalla fatica: se non che in quel medesimo libro della Genesi leggiamo: Iddio disse: Sia la luce, e la luce fu. Iddio disse: Sia il firmamento, e il firmamento fu (Gn 1, 3 6-7); e così tutte le altre cose furono fatte in virtù della sua parola. Un salmo attesta la medesima cosa: Egli disse e tutto fu fatto; egli comandò e le cose furono create (Sal 32, 9; 148, 5). Come si può dunque pensare che, creato il mondo, cercasse riposo, quasi smettesse di lavorare, colui che nell'impartire ordini non si era certo affaticato? Vuol dire che tutto ciò contiene un significato mistico, ed è stato scritto precisamente perché noi si abbia a sperare riposo dopo questa vita, ma soltanto se avremo compiuto opere buone. Perciò il Signore, rintuzzando l'arroganza e l'errore dei Giudei, e mostrando loro che non avevano di Dio un sentimento giusto, disse a quanti si erano scandalizzati perché egli aveva di sabato operato la guarigione di quell'uomo: Il Padre mio continua ad agire e anch'io agisco (Gv 5, 17). Come a dire: Non crediate che mio Padre si sia riposato di sabato nel senso che da quel giorno abbia cessato di operare; ma come lui continua ad operare, così anch'io opero; e come il Padre opera senza affaticarsi, così anche il Figlio opera senza fatica. Iddio disse, e fu fatto; Cristo disse all'infermo: Prendi il tuo lettuccio e vattene a casa, e fu fatto.
[Le opere del Padre e del Figlio sono inseparabili.]
3. La fede cattolica ritiene che le opere del Padre e del Figlio sono inseparabili. E' di questo che intendo parlare alla vostra Carità, se ne sarò capace: occorre però tener presente l'avvertimento del Signore: Capisca chi può (Mt 19, 12). Chi non riuscirà a capire, non lo rimproveri a me, ma alla propria lentezza, e si rivolga a colui che apre il cuore perché vi riversi il suo dono. Se qualcuno, poi, non intende per il fatto che io non parlo in modo adeguato, compatisca l'umana fragilità e supplichi la divina bontà. Abbiamo dentro di noi il Cristo come maestro. Qualunque cosa non riusciate a comprendere per difetto della vostra intelligenza e della mia parola, rivolgetevi dentro il vostro cuore a colui che insegna a me ciò che dico, e distribuisce a voi come crede. Colui che sa dare, e sa a chi dare, si farà incontro a chi domanda e aprirà a chi bussa. E se per caso non dovesse dare, nessuno si consideri abbandonato. Può forse differire i suoi doni, ma non lascia patire la fame a nessuno. Se non dà subito, è per mettere alla prova chi cerca, ma non disprezza chi si rivolge a lui. Badate, dunque, e fate attenzione a ciò che intendo dirvi, anche se forse non ci riesco. La fede cattolica, solidamente rafforzata dallo Spirito di Dio nei suoi santi, insegna, contro ogni perversa eresia, che le opere del Padre e del Figlio sono inseparabili. Che significa questo? Che come il Padre e il Figlio sono inseparabili, così anche le opere del Padre e del Figlio sono inseparabili. Come possiamo dire che il Padre e il Figlio sono inseparabili? Perché egli stesso afferma: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 30). Il Padre e il Figlio non sono due dèi, ma un solo Dio; il Verbo e colui di cui egli è il Verbo, sono un solo e unico Dio. Il Padre e il Figlio, intimamente congiunti nella carità, sono un solo Dio, e uno solo è anche il loro Spirito di carità, di modo che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo formano la Trinità. Come dunque sono uguali e inseparabili le persone, non soltanto le persone del Padre e del Figlio, ma anche dello Spirito Santo, così sono inseparabili anche le loro opere. Per maggior chiarezza lo ripeto ancora: le loro opere sono inseparabili. La fede cattolica non insegna che Dio Padre ha fatto una cosa e il Figlio un'altra distinta; ma che il Padre ha fatto ciò che anche il Figlio ha fatto, ciò che anche lo Spirito Santo ha fatto. Per mezzo del Verbo infatti furono fatte tutte le cose. Quando disse e furono fatte, furono fatte per mezzo del Verbo, per mezzo del Cristo. Infatti in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (Gv 1, 1 3). Se tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, quando Dio disse: Sia luce, e fu luce, operò nel Verbo, operò per mezzo del Verbo.
4. Abbiamo appena sentito nel Vangelo la risposta di Cristo ai Giudei, furibondi perché non solo violava il sabato, ma chiamava Dio suo proprio Padre facendosi uguale a Dio. Così infatti è scritto nel capitolo precedente. In risposta a tale loro assurda indignazione, il Figlio di Dio, che era la verità, disse: In verità, in verità vi dico: il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre (Gv 5, 18-19). Come a dire: Vi siete scandalizzati perché ho detto che Dio è mio Padre e perché mi faccio uguale a Dio? Sono così uguale che lui mi ha generato; sono così uguale che non è lui da me, ma io da lui. Questo infatti è il senso delle parole: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Cioè, è dal Padre che il Figlio riceve il potere di fare ciò che fa. Perché riceve il potere dal Padre? Perché è dal Padre che riceve il suo essere Figlio. E perché riceve il suo essere Figlio dal Padre? Perché dal Padre riceve l'essere e dal Padre riceve il potere: nel Figlio infatti l'essere e il potere si identificano. Nell'uomo non è così. Dalla considerazione dell'umana debolezza, che sta molto in basso, alzate più che potete i vostri cuori; e se mai qualcuno di noi riesce ad attingere l'arcano segreto e, come folgorato dallo splendore di quella grande luce, riesce a gustare qualcosa, tanto da non rimanere del tutto privo di sapienza, non si illuda tuttavia di sapere tutto, affinché, levandosi in superbia, non abbia a perdere ciò che è riuscito a sapere. Nell'uomo una cosa è ciò che egli è, un'altra cosa ciò che egli può. Talvolta infatti egli è bensì uomo, ma non può ciò che vuole; talvolta invece è talmente uomo che riesce a fare ciò che vuole; è chiaro, dunque, che altro è il suo essere, altro il suo potere. Poiché se il suo essere s'identificasse con il suo potere, volere sarebbe potere. In Dio, al contrario, la natura, in virtù della quale egli è, non è distinta dalla potenza in virtù della quale egli opera. Tutto ciò che egli ha, come tutto ciò che egli è, è in lui consustanziale, appunto perché Dio e il suo essere Dio non è in lui una cosa distinta dal suo potere, ma s'identificano in lui l'essere e il potere così come s'identificano il volere e il fare. E siccome la potenza del Figlio deriva dal Padre, perciò anche la sostanza del Figlio ha origine dal Padre; e siccome la sostanza del Figlio deriva dal Padre, anche il potere del Figlio viene dal Padre. Non si distingue, nel Figlio, la potenza dalla sostanza, ma la potenza s'identifica con la sostanza: sostanza per essere, potenza per operare. Siccome dunque il Figlio è generato dal Padre, perciò ha detto: Il Figlio non può far nulla da sé. Infatti il Figlio non è da sé, e quindi non può nulla da sé.
[La parola di Dio impegna a fondo il cuore docile.]
5. Si direbbe che il Figlio si consideri inferiore al Padre, quando dice: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. E' qui che l'orgoglio degli eretici alza la testa: mi riferisco a coloro che sostengono che il Figlio è inferiore al Padre, inferiore in autorità, maestà e potere, dimostrando così di non intendere il senso misterioso delle parole di Cristo. Presti attenzione, la vostra Carità, e vedrete come per il loro modo d'intendere grossolano, gli eretici restano scombussolati da queste stesse parole di Cristo. A tal proposito, ho già osservato che la parola di Dio - soprattutto quella riferita dall'evangelista Giovanni - provoca turbamento nei cuori che non sono retti, mentre stimola i cuori ben disposti. Giovanni dice cose sublimi, non comuni, né di facile comprensione. Ecco, a sentir queste parole, l'eretico salta su a dire: Vedi che il Figlio è inferiore al Padre? Ecco, senti quello che il Figlio stesso dice: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Aspetta, abbi pazienza, secondo l'esortazione della Scrittura: Ascolta con calma la parola, per poter capire (Sir 5, 13). Tu credi che anch'io, che sono convinto essere uguali la potenza e la maestà del Padre e del Figlio, sia turbato per aver udito queste parole: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Turbato da queste parole, io mi rivolgo a te, che credi di averle capite, e ti chiedo: Sappiamo dal Vangelo che il Figlio camminò sul mare (Mt 14, 25); quando mai egli ha veduto il Padre camminare sul mare? Ecco che anche tu sei turbato. Lascia dunque da parte ciò che avevi capito, e cerchiamo insieme. Cosa dobbiamo fare? Abbiamo sentito il Signore dire: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Il Figlio camminò sul mare, il Padre non camminò sul mare. Eppure il Figlio non può far nulla da sé, che non lo veda fare dal Padre.
6. Ritorna dunque con me a ciò che dicevo, per vedere se riusciamo ad intendere in modo tale da superare insieme la difficoltà. Poiché io, secondo la fede cattolica, vedo come uscirne senza danno, senza inciampare; tu invece, chiuso d'ogni parte, cerchi una via d'uscita. Guarda per dove sei entrato. Forse non hai capito ciò che ti ho detto: Guarda per dove sei entrato; ascolta colui che dice: Io sono la porta (Gv 10, 7). Non per nulla cerchi una via d'uscita e non la trovi, perché non sei entrato per la porta ma, calandoti per il muro, sei caduto. Cerca, dunque, di rialzarti dalla tua caduta, ed entra per la porta, se vuoi entrare senza danno e uscire senza errare. Entra per Cristo, e non dire ciò che ti viene in mente, ma ciò che lui ti rivela. E' questo che devi dire. Ecco come la fede cattolica esce da questa difficoltà. Il Figlio camminò sul mare, posò i piedi di carne sopra le onde: era la carne che camminava, e la divinità la sosteneva. Il Padre era in questo caso forse assente? Se fosse stato assente, come potrebbe il Figlio dire: Il Padre che dimora in me, è lui che compie le opere (Gv 14, 10)? Se il Padre, che dimora nel Figlio, è lui che compie le sue opere, il camminare del corpo sopra il mare era opera del Padre, che egli compiva per mezzo del Figlio. Cioè, quel camminare sulle onde era opera inseparabile del Padre e del Figlio; li vedo all'opera tutti e due: il Padre non abbandona il Figlio, né il Figlio si allontana dal Padre. Insomma, tutto ciò che fa il Figlio, non lo fa senza il Padre, perché tutto ciò che fa il Padre non lo fa senza il Figlio.